domenica 19 febbraio 2012

Lo stato di salute della Università Italiana dopo la promulgazione della L. 240/2010

di redazione
Le associazioni della docenza universitaria coordinate nel C.O.S.A.U. (ADU, CIPUR, CISAL Università, CNRU, CNU, SNALS docenti universitari) hanno valutato, dopo la pausa estiva, lo stato di salute dell’Università cercando di mettere a fuoco gli elementi che riguardano l’istituzione nel suo complesso e quelli che più  strettamente riguardano la vita del personale docente che esse rappresentano.Sul piano generale si deve osservare che se la legge 240/2010 (Legge Gelmini) aveva delineato un percorso di rinnovamento dell’istituzione universitaria (percorso solo in parte accettabile); il passaggio dalla semplice enunciazione dei propositi alla vera attuazione della riforma non si intravede.
Infatti degli oltre 40 decreti necessari a rendere praticabile la legge in questione solo tre hanno visto la luce nella G.U.: il primo relativo alla definizione dei settori concorsuali, il secondo ai criteri di valutazione per il passaggio da ricercatore a tempo determinato (RTD) a professore associato, il terzo alla definizione dell’importo minimo degli assegni di ricerca.
Si tratta, certamente, di argomenti importanti e degni di considerazione. Tuttavia si deve osservare che (1) la definizione dei settori concorsuali è destinata a rimanere lettera morta finché non saranno definiti i criteri per l’ammissibilità alle procedure di abilitazione a professore di prima e seconda fascia (2) la definizione dei criteri per il passaggio da RTD a professore associato riguarda un’evenienza che diventerà attuale fra 6-7 anni, cioè quando i primi ricercatori a TD (di cui ancora non si intravede la traccia) avranno concluso il loro percorso formativo e avranno conseguito l’idoneità(3) la definizione del minimo di remunerazione per gli assegni di ricerca avrà uno scarso impatto immediato in attesa della definizione delle risorse per attivare gli assegni.
Alla luce di queste considerazioni sembra che si possa asserire che lo stato di salute generale della istituzione universitaria languisce nell’incertezza e nella confusione nell’attesa di interventi terapeutici che non appaiono all’orizzonte e che la situazione generale del Paese allontana sempre di più.
Guardando più da vicino la vita degli operatori universitari si deve in primo luogo osservare che mentre la legge 240/2010 prevede in maniera perentoria che entro l’ottobre di ogni anno il MIUR debba bandire le prove di idoneità alle due fasce di docenza, la realtà è che per il 2011 questa scadenza non verrà rispettata. Il decreto predisposto dal Ministro per il bando in oggetto manca dei criteri e parametri che definiscano la possibilità di accesso al concorso stesso. Secondo una moda tipica del nostro Paese esistono sul tappeto due proposte, una del CUN e una dell’ANVUR, che sembrano distanti e mal conciliabili. La contrapposizione fra i due organismi paralizza il MIUR che, verosimilmente, vede in maniera positiva l’opportunità di rinviare l’avvio della procedura. Osserviamo incidentalmente che la soglia minima quantitativa di attività scientifica suggerita dall’ANVUR per poter partecipare, riferita alla mediana dei professori associati, appare alta. Così concepita, oltre a privilegiare chi lavora in grandi gruppi escludendo invece giovani validi che pubblicano meno, ma in modo autonomo, rischia portare in un prossimo futuro alla difficoltà di trovare un numero sufficiente di commissari esaminatori con meriti almeno pari a quelli richiesti ai candidati.
Non vogliamo comunque entrare nella discussione fra i due organi, anche se riteniamo che il CUN, democratica espressione della classe docente e forte della lunga esperienza già maturata, dovrebbe avere un ruolo almeno paritario a quello dell’ANVUR che sta muovendo i primi passi nel settore. Chiediamo che chi di dovere eserciti la propria autorità per addivenire ad una soluzione del problema, superando l’impasse che si è determinato.
Un altro aspetto che preoccupa il COSAU è il ruolo della CRUI  nei rapporti fra corpo docente e gli atenei e gli organi ministeriali centrali. Questa organizzazione non è una struttura di rappresentanza del corpo docente: essa rappresenta i Rettori e quindi solo la dirigenza degli Atenei. I professori ed i ricercatori universitari sono rappresentati dai sindacati e dalle associazioni sindacali. Il COSAU chiede con forza che venga stabilito in maniera chiara che le suddette organizzazioni debbono essere consultate obbligatoriamente ogni volta che, sia a livello nazionale che locale, si debba discutere di problemi che interessano le forme di reclutamento, la carriera e gli impegni di lavoro del personale docente.
A questo proposito non possiamo tacere la nostra ferma contrarietà ad alcune richieste della Conferenza dei Rettori (CRUI) contenute nel pro-memoria inviato al Ministro lo scorso 6 Luglio. I Rettori infatti chiedono il pensionamento a 68 anni dei professori associati che hanno optato per il regime giuridico della L. 230/2005 (Legge Moratti). A parte le ovvie considerazioni di incoerenza con la tendenza generalizzata a prolungare l’età lavorativa suggerita dall’Unione Europea per contrastare l’attuale crisi economica, facciamo osservare che la richiesta dei Rettori è contraria alla lettera della Legge suddetta, che stabilisce chiaramente che tutti i professori vanno in pensione a 70 anni, come è stato riconosciuto da tutti i tribunali amministrativi regionali che si sono già espressi al riguardo. Il COSAU chiede anzi che si colga l’occasione per uniformare l’età pensionabile per tutti i docenti universitari, inclusi cioè gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, che quando svolgono un normale corso di insegnamento esercitano esattamente le stesse funzioni di un professore. Allo stesso modo il COSAU esprime preoccupazione per il tentativo della CRUI di "emendare" la Legge Gelmini, al di fuori di qualsiasi confronto con le parti interessate, al solo fine di "semplificare l'azione istituzionale degli Atenei" a discapito dei ricercatori e dei loro diritti sanciti per legge.

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