martedì 27 dicembre 2011

Eurocrisi: l'Europa brucia, sui mercati arde l'incertezza

di Vincenzo Nardiello*
Il falò delle menzogne. L'Europa brucia, ma sui mercati arde soprattutto l'impostura - propinataci da un gruppo di tecnocrati senza volto né legittimazione popolare - di un nuovo mondo costruito all'incontrario che avrebbe preso il posto di quello vecchio. Un mondo in cui gli Stati non avrebbero più battuto moneta, ma la moneta avrebbe "battuto" un Superstato; dove le Nazioni non sarebbero più nate tracciando confini, ma abbattendoli; dove i popoli avrebbero usato la stessa banconota senza avere prima politiche e sistemi decisionali comuni.
La crisi del debito europeo, oltre ad essere il frutto di una politica malata, da decenni dedita a dilapidare risorse pubbliche in cambio di consenso, è innanzitutto l'esito di un colossale processo antidemocratico. La combinazione del tasso di cambio imposto all'Italia e della speculazione interna (un euro=mille lire) ha fatto il resto, dimezzando il potere d'acquisto delle famiglie. L'euro è allora un'idea sbagliata?
Tutt'altro. Disgraziatamente, però, anche un bambino capisce che una sola valuta con 17 sistemi politici e fiscali diversi, 17 debiti pubblici profondamente differenti e finanziati sul mercato a 17 tassi d'interesse difformi, rappresenta un gigantesco campo di miele per le api della speculazione. Un euro a due velocità o, peggio, il ritorno alle monete nazionali, equivarrebbe ad una catastrofe peggiore della guerra dei cent'anni. Non resta che una strada: correggere gli errori commessi. Il direttorio franco-tedesco continua a respingere gli Eurobond, con il risultato di dilapidare risorse (anche le nostre) attraverso interventi tampone della Bce. Eurobond significa pagare tutti lo stesso tasso d'interesse sul debito, creare un terreno ostile alla speculazione, rilanciare la crescita e restituire fiducia nella classe dirigente Ue. 
Sarkozy e Merkel, però, hanno ragione a predicare ai Paesi più indebitati lo stesso rigore che applicano a casa loro. Un tedesco che per mantenere basso il deficit del suo Paese va in pensione a 65 anni (tra un po' a 67), non può accettare di garantire il debito di un italiano che si ritira dal lavoro in media a 58 anni (solo nel 2010 i nuovi vitalizi d'anzianità sono stati 174.729), magari facendo una seconda attività in nero. Non solo. Germania e Francia temono che tassi più bassi siano un incentivo a riprendere politiche di deficit spending.
Ecco perché è importante che le Nazioni più a rischio come l'Italia facciano riforme strutturali che frenino la spesa pubblica, rilancino la crescita e che tutti introducano il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio. È questo il grande scambio europeo che va fatto: i deboli garantiscono il rigore, i forti concedono la garanzia degli Eurobond con una maggiore integrazione politica. Tutti si sacrificano, ma si salvano. La "grande" Francia è stata costretta a varare una manovra da 12 miliardi di tasse e sacrifici e si appresta a perdere la sua mitica tripla A.
A dimostrazione che quando il sistema è malato nessuno è al sicuro. Muovetevi.
*giornalista quotidiano "Roma"

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