mercoledì 3 agosto 2011

Alzheimer sottovalutato

La demenza senile è una delle malattie più ricorrenti dell’età adulta ed è una diagnosi che molti prendono troppo sottogamba. Può manifestarsi in tantissime modalità, a seconda di tanti fattori fisici e psicofisici come l’infanzia, la depressione, il carattere,
l’età è la capacità motoria. In Italia il numero degli anziani colpiti da questa grave malattia cresce di anno in anno, e diventa sempre di più una cifra preoccupante.
Preoccupante perché benché considerata la “malattia degli anziani” non viene presa in considerazione come una vera e propria patologia, ma soltanto un deficit a cui far fronte in tarda età. Questo significa che avere un parente in famiglia con questo disturbo significa soltanto lasciar che egli si isoli dal mondo e infine aspettare che si spenga del tutto. I sintomi della demenza senile possono essere individuati anche molto prima dei 65 anni di età, anche a causa di qualche trauma o lutto familiare. Infatti molti anziani che sono affetti da demenza, dopo la morte del compagno hanno iniziato ad avere sintomi di depressione e morbo di Alzheimer lasciandosi andare anch’essi al proprio destino. Le prime avvisaglie di questa malattia sono considerati dagli geriatri come la perdita di memoria a breve e lungo termine,perdita della capacità critica e del linguaggio, incapacità di orientamento spaziale e temporale ed incoscienza. A questi sintomi si accompagnano anche deficit di attenzione e concentrazione, stato di immunodepressione, non riconoscimento di persone care, ansia, agitazione apatia e senso di svuotamento.
Alcune di queste persone si ammalano di demenza senile come reazione a gravi lutti familiare o a situazioni particolarmente tragiche; anche l’anticipato periodo di pensione può essere una causa di questo male perché abituati a lavorare ogni giorno, dopo aver perso il lavoro non in tardissima età, le persone possono sentirsi vuote ed inutili. La demenza senile si manifesta in due forme predominanti: la demenza degenerativa e la demenza vascolare. A queste due forme principali se ne aggiungono ancora molte altre come quella di tipomisto, traumatica, tumorale, infettiva e
neuronali. Ognuna di queste forme si manifesta con sintomi differenti a seconda dei casi clinici già avuti. Esse può essere ritardata attraverso cure con farmaci specifici anche se in realtà andrebbe prevenuta. In questi casi il cervello si indebolisce per un mancato
movimento dell’ossigeno portato dal sangue, e non riesce più a dare segnali
attivi per il suo decorso. Infatti molti pazienti affetti da questa patologia, non riescono a mantenere bene l’equilibrio e si trovano molto spesso in stati confusionali per nessun motivo in particolare. La demenza agisce soprattutto nell’apparato intellettivo e nervoso portando alla memoria del malato ricordi, sensazion e situazioni vissuti in gioventù, immedesimandosi nella persona che erano in passato. Questo porta anche molti scatti d’ira improvvisa e non motivata che possono portare danni fisici anche al più forte dei pazienti. La prima fase della
malattia, si manifesta soprattutto con questi sintomi che si palesano in maniera non molto evidente e di rado, ma che possono essere i segni delle prime avvisaglie. Per prevenirla la miglior cura è quella di tenere sempre il cervello e il corpo in allenamento, anche a sessant’anni. Intraprendere attività fisica come jogging, o altri sport, riduce del circa 40% la possibilità di contrarre la malattia in età molto avanzata. Correre all’aria aperta, per esempio, oltre che avere ottimi effetti sul nostro fisico, produce anche benefici al nostro intelletto portando più ossigeno al cervello e al sangue e fortificando il cuore. Tenere in allenamento il cervello e la capacità di attenzione significa mantenere anche un contatto con la realtà con giochi semplici e pratici per combattere questa malattia.
Le parole crociate, giochi da tavolo, sono semplici rimedi per combattere questo deficit degenerativo e che stimolano l’interazione con altri esseri umani. Per i parenti di chi soffre, la demenza può essere un motivo in più per rinchiudere i pazienti in case di riposo o di cura,ma questo significa soltanto abbandonare una persona cara al proprio destino e non fare niente per aiutarli. Quindi dopo la diagnosi, bisogna affidarsi alle cure di un buon specialista ma non esagerando con i farmaci per la depressione e assecondare le richieste e le stramberie dei pazienti e non farli sentire mai come dei malati terminali. Anche se essi hanno settanta o più anni, hanno comunque la voglia e il desiderio di vivere come tutti noi e farli sentire amati può essere la più efficace delle cure.

Di Nicoletta de vita

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