venerdì 25 novembre 2011

La flora batterica intestinale causa arteriosclerosi, infarti e obesità, questo l'argomento del 25° Congresso della Società Italiana Studio Arteriosclerosi

di Marina Ranucci
I batteri intestinali sarebbero l’origine di arteriosclerosi, infarti, obesità e ictus. Sarà questo il tema centrale del 25° Congresso della SISA (Società Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi) che si terrà a Roma dal 30 novembre al 3 dicembre. La scoperta partirebbe da una ricerca americana pubblicata sulla rivista “Nature” condotta nello stato dell’Ohio su 70 pazienti affetti da patologia coronarica. Gli studiosi americani hanno dimostrato che la flora batterica produce delle sostanze che possono influire nella comparsa dell’arteriosclerosi.
«Alcuni prodotti del metabolismo dei fosfolipidi (dei particolari grassi)  che si generano ad opera della flora batterica intestinale - spiega Andrea Mezzetti, presidente della Società Italiana per lo Studio dell'Arteriosclerosi - possono favorire la deposizione di colesterolo nella parete dei vasi sanguigni. Così è possibile immaginare che in futuro, conoscere meglio come sono fatti e come lavorano i batteri del nostro intestino, possa essere importante per capire il rischio di ammalarsi di infarto». Conclude, Mezzetti. Nel nostro organismo risiedono circa 1,4 milioni di miliardi di batteri di oltre 1.100 differenti specie, e di cui oltre il 10% sono concentrati solo nel tratto digerente. Tutto l’insieme dei batteri, scientificamente definito “microbioma”, è oggetto di studi degli scienziati che hanno rilevato l’incidenza che questi hanno in particolare sull’obesità. Infatti più batteri sono presenti nell’intestino, più si tende ad ingrassare, poiché si assorbe attraverso di loro un maggiore numero di calorie. Ovviamente ci sono famiglie batteriche “buone” ed altre “cattive”, e queste sarebbero ereditate geneticamente dalla madre. «Lo studio del microbioma e delle sue possibili implicazioni sul peso corporeo e sul rischio cardiovascolare, - precisa, Alberico Catapano, Direttore della Fondazione Sisa e professore ordinario di Farmacologia all'Università degli Studi di Milano -  è un'area di ricerca molto importante e nuova – continua Catapano - negli ultimi anni le pubblicazioni sul tema si sono moltiplicate in modo esponenziale. La formulazione delle nuove teorie sul microbioma intestinale – spiega il Professore - permette di concludere che questo è parte del corredo genetico che ereditiamo dalla madre e che, durante tutta la vita di una persona tende a rimanere molto stabile nella sua composizione, nonostante sia esposto a condizionamenti ambientali come le abitudini alimentari. I batteri intestinali pesano quindi sulla salute, ma spostano anche l'ago della bilancia - conclude il medico - un uomo di 80 chilogrammi ha circa 1 kg di batteri nel suo intestino, che appartengono a delle famiglie che favoriscono l'assorbimento di una quantità maggiore di grassi, oppure delle famiglie batteriche protettive». Grazie a nuove tecniche molecolari, per gli scienziati sarà possibile compilare in poco tempo una sorta di “carta d'identità” genetica di tutti i microbi intestinali. «Le analisi sul microbioma sono in fase di sperimentazione in un gran numero di laboratori di ricerca – incalza Marcello Arca, del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell'Università La Sapienza di Roma - con l'obiettivo di tracciare la predisposizione genetica anche per malattie come diabete e alterazioni metaboliche, che possono condurre a più gravi patologie come arteriosclerosi e malattie cardiovascolari – continua Arca - la comunità scientifica è al lavoro per cercare di capire se attraverso probiotici e prebiotici, oppure medicinali ad hoc – conclude Marcello Arca - sia possibile correggere la microflora intestinale in modo da controllare il rischio di obesità e malattie correlate». Insomma in ogni corpo marcia un esercito ereditario di batteri in grado di condizionare il nostro peso e provocare patologie cardiovascolari. Soltanto lo studio della microflora intestinale potrà stabilire se è possibile modificare o integrare questi batteri con cure specifiche. Anche in questo caso quindi il futuro è nella ricerca.

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