lunedì 26 dicembre 2011

Partiti per fare l'euro, ci ritroveremmo tutti alla neuro?


di Vincenzo Nardiello (redattore del quotidiano Roma)
Tic tac, tic tac. È la risorsa più preziosa che abbiamo. E la stiamo sprecando. Nell'epoca della crisi degli eurodebiti il tempo è decisivo. Il balletto indecente cui assistiamo dal 2008 ha inesorabilmente ridotto i margini per evitare il disastro: o l'Europa decide subito - nelle prossime settimane - o saranno i fatti a decidere per tutti. Proprio com'è avvenuto in Italia. Anzitutto capiamoci: in fondo è solo un terremoto. Non è il primo e non sarà l'ultimo. Si chiama traslazione di potere finanziario, roba già vista in passato:
nel '600 il potere finanziario passò dall'egemonia di Genova a quella dell'Olanda; un secolo dopo dall'Olanda all'Inghilterra; due guerre mondiali segnarono poi il suicidio dell'Europa e il passaggio dello scettro in mani Usa. La crisi odierna è l'ultimo stadio della nuova traslazione in atto: dagli Stati Uniti alle potenze emergenti, Cina in testa. La storia, però, non si ripete mai uguale a se stessa. Le differenze con i vecchi trasferimenti finanziari sono essenzialmente tre: 1) in passato il comando, pur passando di mano, era rimasto in Occidente. Oggi i nuovi padroni del vapore sono ad Oriente e gli europei rincorrono i capitali delle loro ex colonie (Brasile, India, ecc); 2) la rivoluzione digitale e la tecnofinanza hanno reso la traslazione infinitamente più veloce, comprimendola in un arco temporale straordinariamente più beve dei precedenti; 3) l'Occidente ha affrontato la partita con una formazione totalmente inedita: non più una moneta egemone (il dollaro) con una pluralità di valute, ma due monete egemoni (dollaro ed euro) e nient'altro.
Questo processo ha intersecato tragicamente l'errore franco-tedesco dell'89. Dopo la caduta del Muro, Parigi ha creduto d'imbrigliare la nuova Germania unita togliendole il principale strumento di potenza: il marco. In cambio Berlino ha ottenuto un Patto di Stabilità dai vincoli ottusi. Questo scambio demenziale,  fatto all'insegna della massima diffidenza mentre si dichiarava il massimo dell'unità, ci ha regalato l'euro senza Governo e senza una Banca centrale con i poteri necessari. Nel mezzo di questa tempesta c'è l'Italia, esposta sulla trincea più avanzata a causa del terzo debito pubblico del mondo.
Il castello di carte in cui l'Europa s'era illusa di rifugiarsi, sottoposto al terremoto in atto, sta miseramente crollando. Il mancato salvataggio della Grecia - negato dai tedeschi - ha innescato un effetto domino sul quale l'autorità politica Ue non ha più alcun controllo, mentre l'autorità monetaria - che ancora qualche controllo potrebbe provare ad esercitarlo - non ha i poteri per farlo. Non restano molte scelte: occorrono subito unione politica e fiscale; eurogaranzia sui debiti e nuovo Statuto della Bce; regole e sanzioni chiare da affidare a processi democratici e non oligarchici, tecnocratici o - come vuole la Merkel - peggio ancora giudiziari; una convergenza dei sistemi di welfare e standard minimi di spesa pubblica ai livelli dei più virtuosi.  Dobbiamo scegliere se trasferire ulteriore sovranità ad un'Europa così rinnovata, o se tornare ad una sovranità intera ma inesorabilmente svalutata. In quest'ultimo caso avremmo il doppio euro o il ritorno alle monete nazionali. L'Europa mediterranea diverrebbe la nuova Africa; 140 milioni di nuovi poveri trascinerebbero l'euro del Nord nell'inferno della recessione (gran parte dell'export tedesco è nell'Ue); l'intera Ue cadrebbe in una depressione da far impallidire quella del '29; presto l'America seguirebbe e neanche la Cina resterebbe immune, vista la quantità di debito Usa di cui è proprietaria.
Partiti per fare l'euro, ci ritroveremmo tutti alla neuro. Uno scenario da Day After. Osservarlo dal buco della serratura delle nostre piccole, meschine beghe di cortile è stato un tragico errore. Diradatosi il fumo dei facili alibi, oggi è tutto più chiaro. Dobbiamo scegliere. Facciamolo tutti insieme. Facciamolo presto.

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