sabato 28 gennaio 2012

Vaccinazione contro il cancro del collo dell’utero

L’Italia dietro a Regno Unito
e Portogallo

di Jacopo Di Bonito
Finalmente dall’Europa arriva una buona notizia. Nella classifica sul bilancio della campagna vaccinale contro il Papillomavirus umano (Hpv), l’Italia ottiene il terzo posto con il 65% dietro a Regno Unito(81%) e Portogallo(80%). I numeri diffusi a Roma durante l’incontro organizzato dall’Osservatorio sulla salute della donna (Onda), fotografano soprattutto gli insuccessi di Francia, Lussemburgo e Norvegia con una copertura fra il 17 e il 30%.
Finora la vaccinazione anti-Hpv è sempre stata associata alla possibilità di prevenzione del cancro del collo dell’utero, che rimane l’obiettivo primario della campagna pubblica, anche se non l’unico. Secondo gli esperti infatti i pazienti non comprendono l’ulteriore vantaggio che questo vaccino avrebbe nella prevenzione delle lesioni precancerose, tappa iniziale di un possibile processo di cancerogenesi. “L’indagine - spiega Francesca Merzagora, presidente Onda - ha mostrato un sentimento di paura generalizzato proprio verso l’Hpv e il Pap test positivo, che si riflette sia sulla sfera personale sia sulla sfera sessuale, portandola a rinunciare anche a rapporti intimi per lunghi periodi, o a temere per gravidanze future e per possibili ricadute della malattia. È solo l’aver vissuto e conosciuto la malattia – conclude Merzagora -  che aumenta la consapevolezza della donna portandola a interessarsi a tutto quanto ruota attorno al tumore della cervice, vale a dire una migliore conoscenza della malattia e delle forme di prevenzione e protezione, anche vaccinali, per sé e le proprie figlie”.
Dai dati dell’indagine emerge la soddisfazione delle pazienti per l’assistenza medica ricevuta (75%), mentre una donna su due si lamenta delle modalità di comunicazione della diagnosi e sulla chiarezza dei referenti, spesso troppo vaghi nel dare risposte alle mille domande del caso.
“In generale - commenta Fausto Boselli, segretario generale della Società italiana di colposcopia e patologia cervico vaginale - emerge un forte impatto emotivo della donna sia al momento della diagnosi del referto di Pap-test anormale, di cui spesso non ne comprende la terminologia, sia al momento della comunicazione e condivisione del percorso diagnostico-terapeutico legato alla diagnosi. Occorre dunque – conclude Boselli - che il ginecologo dedichi più tempo a spiegare tutti gli aspetti, con un linguaggio adeguato e rassicurante”.




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