lunedì 12 settembre 2011

Nuova terapia contro una delle più importanti malattie genetiche dei muscoli

di Enzo Musella
Si chiama Davide Gabellini, italiano doc, ricercatore dell'Istituto Telethon Dulbecco che lavora all'Istituto San Raffaele di Milano, che ha fatto una scoperta eccezionale, realizzando un grande passo avanti per il trattamento della distrofia facio-scapolo-omerale, una delle più importanti malattie genetiche dei muscoli. I ricercatori dell'Istituto Telethon Dulbecco hanno infatti dimostrato in laboratorio,
per la prima volta al mondo, l'efficacia di una terapia contro questo tipo di distrofia. La ricerca è stata pubblicata da Gabellini sulle pagine della rivista scientifica Molecular Therapy.
Questa patologia colpisce i muscoli di faccia, spalle e braccia, in qualche caso anche quelli delle gambe. I primi sintomi sono in genere difficoltà a compiere semplici movimenti del volto come sorridere, fischiare o chiudere gli occhi, ma spesso è la debolezza dei muscoli della scapola a suonare come un campanello di allarme. Età di insorgenza e gravità della malattia possono variare. Per quanto sia tra le principali forme di distrofia muscolare, questa malattia rimane per certi versi ancora un mistero, spiega Gabellini. A provocare la malattia è un aumento dell'attività di alcuni geni. Al momento i candidati principali si chiamano FRG1 e DUX4. Con meccanismi ancora non del tutto chiariti, un aumento della produzione delle proteine codificate da questi geni sembra tradursi nei sintomi muscolari tipici di questa distrofia. Gabellini e il suo team hanno quindi provato a vedere se riducendo l'attività di questi geni si poteva ottenere un miglioramento dei sintomi. Proprio Gabellini era riuscito negli anni passati a ottenere un modello murino della malattia. Per provare a trattarla i ricercatori hanno sfruttato l'interferenza a Rna, una tecnica di «silenziamento genetico», ovvero un meccanismo che consiste nello 'spegnimentò specifico dell'attività di alcuni geni grazie a piccole molecole di Rna. Questo si è tradotto in un netto miglioramento dei sintomi stabile nel tempo, senza alcun effetto tossico. È «la prima volta - sottolineano i ricercatori - che si ottiene un risultato del genere per questa distrofia». Passo successivo sarà quello di «affinare la tecnica per renderla quanto più possibile sicura, in vista di un trasferimento all'uomo».

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