sabato 10 settembre 2011

Chiude l'unica unità ospedaliera di neuropsichiatria infantile in Campania

Dott. Giovanni Pascotto
di Enzo Musella
Se l'Italia è sprofondata in una crisi economica senza precedenti, la Sanità pubblica in Campania è giunta sull'orla della bancarotta, ma ancor peggio, non è più in grado di garantire l'assistenza sanitaria agli ammalati, nemmeno ai bambini. La politica del risparmio e dei tagli di spesa ad ogni costo, decisa dalla Regione Campania,
è giunta al punto di chiudere l'unica unità ospedaliera campana di neuropsichiatria infantile.
Impossibile, ma vero. Lo scorso 5 settembre, la direzione generale dell'azienda ospedaliera che fa capo alla Seconda Università di Napoli, ha chiuso l'unità ospedaliera di neuropsichiatria infantile, l'unica presente in Campania. Oltre un milione di minori, tra 0 e 18 anni, dal 5 settembre non vengono ricoverati e curati in Campania, se non Dh. Le famiglie di questo esercito di piccoli ammalati è costretta ad emigrare in altre Regioni, al Nord, per far curare i propri figli. Antonio Pascotto, direttore dell'unità ospedaliera di neuropsichiatria infantile e docente universitario della Sun, entra nel merito della questione.
Cosa è accaduto all'unità di neuropsichiatria infantile del Vecchio Policlinico?
"Dallo scorso 5 settembre è stata sospesa l'attività di degenza in regime di ricovero ordinario, mantenendo attivi soltanto i due ambulatori specialistici e, con non poche difficoltà, continuiamo con i ricoveri in regime di DH. La sospensione durerà fino a quando non sarà evasa la richiesta di cinque specialisti in Neuropsichiatria Infantile".
Quindi il reparto è stato chiuso per mancanza di personale?
"A dicembre 2010, con note inviate al Dg. del Vecchio Policlinico, segnalavo la grave carenza di specialisti e la necessità che fossero assegnate all'unità ospedaliera da me diretta almeno cinque neuropsichiatri infantili, pena l'impossibilità di erogare prestazioni assistenziali in regime di ricovero ordinario. A febbraio la direzione generale ha inoltrato alla Regione Campania la richiesta di assunzione di cinque neuropsichiatri infantili. Alla fine né io, né il direttore generale dell'azienda ospedaliera, Alfredo Siani, siamo riusciti nell'intento".
Quanti erano i posti letto che aveva a disposizione?
"Gli unici posti letto di degenza ordinaria della specialità neuropsichiatria infantile esistenti nella Regione Campania erano 12, dovevano essere ridotti a 9 all'atto della definitiva firma del protocollo d'intesa Regione-Università".
Quali saranno le conseguenze per i piccoli ammalati?
"Gravissime. L'attesa per il ricovero ordinario, che nel 2010 era di circa 90 giorni, nel 2011 è notevolmente aumentata, con gravissimo disagio per l'utenza, che molto spesso rifiutava anche l'inserimento nella lista dei prenotati per il ricovero, presumibilmente rivolgendosi alle numerose strutture di neuropsichiatria infantile ubicate fuori regione, determinando così un notevole incremento della spesa sanitaria regionale. Ora, queste famiglie, di fatto sono costrette a trovare assistenza in strutture ospedaliere del Nord. E' assurdo abbandonare al loro destino pazienti del genere, parliamo di bambini".
Perchè non ha fatto sentire le sue ragioni in maniera più pressante?
"La sua è una considerazione sbagliata. Per cercare di risolvere positivamente il problema, lo scorso 8 luglio ho chiesto per mail al subcommissario alla sanità, il dottor Morlacco, un appuntamento che, con mail del 7 settembre, mi è stato accordato per la terza decade di settembre. In questa data le garantisco farò sentire le mie ragioni e con tutta la forza che ho".
Le conseguenze di questa scelta ricadranno anche sugli studenti?
"Indubbiamente. Oltre al grave danno per l'utenza, il mancato ripristino dell'attività di degenza ordinaria provocherà molto verosimilmente – per la carenza dei requisiti assistenziali – l'emanazione, da parte del Ministero dell'Università, di un decreto di soppressione dell'unica Scuola di Neuropsichiatria Infantile presente in Campania e di conseguenza l'impossibilità di formare specialisti. Infine si ridurrà in maniera molto significativa l'attività di ricerca clinica che per i docenti universitari è parte significativa e qualificante, insieme alla didattica e all'assistenza, dell'attività professionale".

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