martedì 4 ottobre 2011

In Italia aumentano gli anziani e diminuiscono i neurologi, -30% fra 15 anni, a causa dei tagli dei posti nelle scuole di specializzazione

di Enzo Musella
143 anziani ogni 100 giovani: è l'indice di vecchiaia in Italia, che colloca il nostro Paese al secondo posto in Europa, preceduto solo dalla Germania. La regione più anziana è la Liguria, la più giovane la Campania. E' uno dei dati del dossier Istat inserito nel report "Noi Italia", cento statistiche per capire il Paese in cui viviamo. Ma è un aspetto che riflettere. Mentre in Italia aumentano gli anziani dimunuiscono anche i medici che li devono curare, in particolare i neurologi:

«deve essere affrontato il problema dell'invecchiamento degli specialisti e della conseguente riduzione degli addetti, cui non corrisponde per il momento programmato un adeguato ricambio: oggi il taglio dei posti nelle scuole di specializzazione non consente ai pur numerosi giovani che vorrebbero intraprendere studi specialistici di neurologia di farlo. Assistiamo a una sorta di "neurorecessione", gli specialisti invecchiano, ma invecchia anche la popolazione e dunque ci sarà sempre più bisogno di neurologi. Fra 15 anni si calcola che ce ne sarà il 30% in meno rispetto a oggi». È la denuncia di Antonio Federico, presidente della Società italiana di neurologia (Sin), che oggi a Roma ha organizzato una tavola rotonda sul futuro della neurologia. «Negli ultimi 30-40 anni - ha ricordato - abbiamo assistito a un enorme sviluppo delle conoscenze dei fenomeni patologici, degli strumenti diagnostici e delle opportunità terapeutiche. Ma nei prossimi 30 anni tutte le criticità legate al forte invecchiamento della popolazione emergeranno in modo vistoso e risulteranno evidenti nuove necessità organizzative e assistenziali a cui il sistema, in generale, e noi neurologi, in particolare, saremo chiamati a far fronte». L'invecchiamento della popolazione è infatti tipicamente accompagnato da un aumento del carico delle malattie non trasmissibili, come quelle cardiovascolari, il diabete, la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative e, secondo i dati elaborati dalla Federazione Alzheimer Italia, i pazienti "over 80" colpiti dal morbo nel 2038, saranno quasi raddoppiati rispetto a quelli del 1991 (202,8 casi prevalenti nel 1991 vs i 396,3 del 2038).
La piaga delle malattie mentali e neurologiche affligge non solo gli italiani, ma tutti gli europei: quasi 165 milioni di persone, ossia il 38% della popolazione del vecchio continente, soffre di depressione, epilessia, malattia di Parkinson, ictus cerebrale e demenza. Sono 41 milioni gli europei che soffrono di cefalee, 5 milioni i casi di demenza, 3 milioni quelli di epilessia, 1,2 milioni i malati di Parkinson e un milione gli europei colpiti, ogni anno, da ictus cerebrale. Sono allarmanti i numeri diffusi durante l'incontro, che ha visto riuniti rappresentanti della società scientifica e interlocutori istituzionali e dell'industria farmaceutica. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il 50% delle disabilità mondiali è dovuto a malattie del sistema nervoso: in Europa, il peso delle malattie neurologiche è pari al 35% della spesa sanitaria generale che, a sua volta, ammonta a 386 miliardi di euro. Della ricaduta delle patologie neurologiche sull'attuale organizzazione assistenziale, della complessità del sistema stesso, della formazione, della specializzazione e, più in generale, del ruolo del neurologo di domani si è discusso durante l'incontro, che ha preso avvio dall'osservazione di come oggi la nostra società stia vivendo una sorta di "rivoluzione demografica": nel 2000, nel mondo c'erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. Per il presidente della Sin, «dovrà essere rivisto il sistema delle competenze, poiché negli ultimi anni si è assistito a una proliferazione delle sub specialità che, sebbene abbiano permesso un aumento del livello di conoscenza, hanno tuttavia portato a una parcellizzazione dei saperi. Non dovrà essere sottovalutato, infine, il problema dell'organizzazione delle strutture con nuovi modelli dove eccellenza, buona assistenza, innovazione e costi possano essere coniugati nel miglior modo possibile per raggiungere gli obiettivi assistenziali, senza tuttavia trascurare il miglioramento delle conoscenze scientifiche - ha concluso Federico - è quindi necessario ridisegnare il sistema, tenendo conto delle mutate esigenze dei cittadini, delle necessità del sistema stesso e della compatibilità economica. I neurologi vogliono essere diretti artefici di tale processo». (Fonte: Adnkronos)

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