di Enzo Musella
"Fate presto". Questo è il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rivolto al parlamento italiano, il presidente è fortemente preoccupato per la drammatica situazione economica e finanziaria in cui versa il Paese. Gli «imperativi che riguardano noi tutti, esigono nuova consapevolezza e nuovi comportamenti, individuali e collettivi, spirito di sacrificio e slancio innovativo» sono «scelte severe nell'uso delle risorse, diversi e meditati ordini di priorità, superamento di fatali ritardi e contraddizioni nell'affrontare, con riforme spesso annunciate e sempre mancate, debolezze di fondo del sistema paese».
Ha detto Napolitano invitando l'Italia a «fare la sua parte riguadagnando »credibilità e fiducia«. «La "nottata", quella del '44-'45, non l'avremmo superata senza spirito di sacrificio e slancio innovativo», ha aggiunto Napolitano, citando indirettamente Eduardo De Filippo. «Dobbiamo riguadagnare credibilità e fiducia come paese, così da uscire innanzitutto, oggi, da una stretta molto pericolosa sui titoli del nostro debito pubblico nei mercati finanziari e sulle condizioni dei nostri istituti di credito con prevedibili ricadute sull'attività economica e sull'occupazione», ha detto Giorgio Napolitano che in tarda serata ha diramato una nota di agenzie nella quale assume una decisone inderogabile. O «entro breve tempo si formerà un nuovo governo», oppure si andrà ad elezioni anticipate. Lo afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che sottolinea come dopo l'approvazione del Ddl stabilità «si svolgeranno immediatamente e con la massima rapidità le consultazioni per dare soluzione» alla crisi di governo conseguente alle dimissioni di Berlusconi. O si formerà, quindi, un nuovo esecutivo «che possa con la fiducia del Parlamento prendere ogni ulteriore necessaria decisione», o «si scioglierà il Parlamento per dare subito inizio ad una campagna elettorale da svolgere entro i tempi più ristretti», aggiunge il Capo dello Stato. La risposta da parte dell'esecutivo e dell'aula di Montecitorio è stata immediata. Via libera al Ddl stabilità nel pomeriggio di sabato 12 novembre o al massimo domenica 13. Questo il calendario deciso dalla capigruppo della Camera con l'accordo di tutti i gruppi parlamentari, disponibili a dare la massima celerità all'iter del provvedimento. Se si chiuderà sabato o domenica dipende dai tempi del Senato. Se Palazzo Madama riuscirà infatti ad approvare il provvedimento venerdì sera, si comincerà sabato mattina in commissione alla Camera per poi passare alla discussione e al voto in aula nel pomeriggio. Se invece al Senato si chiude sabato allora Montecitorio lavorerà nella giornata di domenica.
Intanto in Germania, la Suddeutsche Zeitung apre con il titolo «La terra di Silvio è bruciata» e scrive che «17 anni di egoismo, populismo e superficialità nella politica italiana sono più che sufficienti, l'Italia ha scaricato il primo ministro ma forse è già troppo tardi». Ritornando all'Italia, dopo l'appello del Capo dello Stato il mondo economico, politico, industriale e sindacale del Paese ha fatto sentire la propria voce. «Non ci meritiamo di finire come la Grecia». Afferma la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che incalza: «Bisogna ripristinare la credibilità del paese e agire subito». Per il numero uno di Confindustria l'Italia è nel baratro.
Emma Marcegaglia ha accennato all'impennata dello spread Btp-Bund, e all'andamento oggi delle Borse europee, sottolineando più volte che il Paese vive «ore drammatiche». Alla nona giornata della ricerca di Confindustria la leader degli industriali ribadisce che «non possiamo nascondere la verità», avverte che bisogna «agire ad ore». Gli industriali, ricorda, «da anni sottolineano la necessità di fare riforme», e negli ultimi mesi hanno tenuto alto il pressing sul governo. «Hanno proposto un progetto. Ma »nulla di tutto questo è stato fatto«. Per la presidente di Confindustria »così non possiamo andare avanti, il Paese è già nel baratro«. Bisogna »rimettere il Paese in un percorso di credibilità agli occhi dell'Europa e delle istituzioni«.
Non è mancata la voce dei sindacati, a parlare per prima è stata Susanna Camusso della Cgil. La Camusso teme che nel maxiemendamento al Ddl stabilità possa profilarsi un intervento sui licenziamenti. Il leader della confederazione di Corso Italia ritiene che ci sarà una ennesima manovra a danno dei lavoratori, infatti afferma: «C'è qualche preoccupazione che tornino di attualità interventi unilaterali sui licenziamenti. Siamo d'altra parte in una situazione inedita perchè sono settimane che si parla di un maxiemendamento di cui nessuno conosce nulla e che dovrebbe basarsi sulla lettera di Berlusconi alla Ue dove trovavano posto le norme sui licenziamenti», denuncia al termine dell'intervista a "Radio Articolo 1". Un timore che la Cgil estende ai diritti del lavoro, in generale. «Ci sono preoccupazioni serie che il maxiemendamento sia all'insegna di un ulteriore colpo alle pensioni e al lavoro dipendente, compreso quello pubblico», spiega ancora ribadendo la richiesta del sindacato a che, «pur nell'emergenza il ddl stabilità contenga un segno di equità sociale». Il rischio, infatti, per Camusso è che l'emergenza dettata dai mercati «imponga di sovrapporre interventi a interventi perdendo di vista l'equità sociale». Preoccupazioni, queste, che costituiscono per la Cgil ragioni in più per riprendere il cammino unitario con Cisl e Uil sui diritti del lavoro. «Non sono assolutamente serena. Vedo avvicinarsi situazioni complicate. Per questo ci sono moltissime ragioni per ricostruire un dialogo con Cisl e Uil», continua. «Ci sono temi, cioè, su cui, dopo anni di divisione, si è raggiunta una unità di veduta, dalla patrimoniale all'occupazione, e che costituiscono una ragione per provare ad andare avanti. Certo, non credo che dopo una stagione difficile si possa dire "chiudiamo un libro e ne apriamo uno nuovo" ma, sicuramente, si possono trovare percorsi di consenso comune», spiega.
Sul fronte politico la tensione è altissima.
«I tempi stringono in modo drammatico. Noi siamo pronti ad ogni soluzione per una accelerazione seria dei tempi». Afferma Pier Luigi Bersani al termine della riunione del gruppo del Pd che ha stabilito la convocazione a domicilio dei deputati 'dem' anche nel fine settimana. A chi gli ha chiesto se anche la maggioranza fosse "pronta", il segretario del Pd ha replicato: «Bisogna chiederlo a loro». Nella riunione, a porte chiuse, Bersani aveva chiaramente spiegato: «La situazione è drammatica. Non è questione di giorni ma di ore. C'è una sola parola, per quel che ci riguarda: responsabilità». Sull'altro fronte si butta acqua sul fuoco, a farlo è Gianfranco Rotondi del Pdl, che afferma: «I giornali pubblicano commemorazioni un pò affrettate di Silvio Berlusconi. La sua stagione non è finita ieri. Ancora una volta ha spiazzato la sinistra offrendo non una resa ma una prospettiva con Angelino Alfano. Mentre gli altri invocano governicchi e pasticci, noi come Zapatero abbiamo reso un servizio di chiarezza provvidenziale per il Paese». Sbotta il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi.
A Rotondi si accoda Maria Stella Gelmini. Chi dice che questo è l'ultimo atto «non conosce Berlusconi» che ha fatto «un gesto di responsabilità » ma non è affatto «finito» e «resterà il leader del centrodestra». Afferma, in una intervista alla Stampa, il ministro dell'Istruzione, secondo la quale «la sinistra si illude se pensa che adesso Berlusconi possa essere messo da parte. Quel che ha avviato durerà, non può essere archiviato». Contro di lui, osserva, «c'è stato un impressionante fuoco di fila», «attacchi violentissimi», perchè la sinistra «ha usato contro di lui mezzi leciti e illeciti per distruggerne l'immagine». Ma «io che giro tanto le posso assicurare che la gente è ancora con lui». Nel Pdl, comunque, «c'è coesione, anche se qualcuno vuol fare credere esattamente il contrario» e «la classe dirigente è unita attorno al progetto Alfano». Conclude la Gelmini.
A poli estremi c'è l'Italia dei Valori che mette l'accento sulla drammatica situazione dei titoli di Stato italiani. «I mercati e l'Unione europea dubitano ormai fortemente delle promesse di Berlusconi. La sua inesistente credibilità ha fatto sì che lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi è volato a livelli insostenibili e che la borsa di Milano è crollata. Non c'é più tempo per l'Italia: il presidente del Consiglio se ne deve andare subito prima che sia troppo tardi». È quanto afferma in una nota il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando, che aggiunge: «L'opinione pubblica internazionale e i mercati ricordano, proprio un anno fa, l'indegno mercato delle vacche allestito dal presidente del Consiglio che gli consenta di ottenere una fiducia stiracchiata solo per la sua smania di potere. Da quel quattordici dicembre dell'anno scorso l'Italia ha vissuto tutte le contraddizioni e le paralisi di un governo inesistente, inadeguato e incapace». «Noi non ci fidiamo del premier a tempo perso, come non si fida l'Unione europea, e continueremo a vigilare affinché‚ l'Italia sia presto liberata da questo peso ingombrante che la sta affossando», conclude Orlando.
C'è poco da aggiungere se non costatare che per il "Belpaese" non c'è più tempo per polemiche e litigi tra schieramenti politici, ora bisogna agire e bisogna farlo subito.
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