di Valeria Pollio
Il Talidomide, farmaco “in voga” nel 1956, sta risalendo dalla marea che lo aveva travolto. Utilizzato soprattutto dalle donne in gravidanza come antinausea mattutina, era stato ritenuto responsabile delle malformazioni fetali. Circa 5850, nel mondo, i neonati che presentarono assenza degli arti, amelia, o riduzione delle ossa lunghe degli arti, focomelia, oltre a malformazione dell'orecchio interno ed esterno, cardiopatie congenite, anomalie renali, intestinali e oculari. Tanto che nel 1961 si stabilì l’immediato ritiro dal commercio del Talidomide. Dal 1999 a oggi è cambiato qualcosa.
Secondo recenti ricerche scientifiche, il farmaco sembra possedere importanti proprietà anti-mieloma multiplo. Lo studio presentato nel corso del 53esimo Congresso annuale dell'American Society of Hematology (Ash), a San Diego, ha riconfermato questo importante aspetto. Nel corso delle analisi effettuate su campioni di farmaco è stato individuata la proteina che causava malformazioni fetali, il cerebron, presente nel talidomide. Nello stesso tempo è stata rilevata l’efficacia della stessa proteina per il trattamento di mieloma multiplo, diffuso tumore del sangue. Alcuni ricercatori dell'Arizona, coordinati da Keith Stewart della Mayo Clinic in Scottsdale, hanno allora esaminato il Dna di dieci pazienti con mieloma multiplo resistenti alla terapia con talidomide, e in 8 di loro hanno individuato bassi livelli di espressione della proteina cereblon, espressione necessaria affinché il farmaco funzioni correttamente.
“Risultati che permetteranno di concentrarci sullo studio della proteina cereblon come marker possibile per migliorare i risultati del trattamento dei pazienti con mieloma multiplo – afferma il Prof. Stewart, convinto che a piccoli passi si stia cominciando “a dividere la causa dei difetti alla nascita dalla proprietà anti-cancro, per lo sviluppo di farmaci più sicuri in futuro”-.
“Risultati che permetteranno di concentrarci sullo studio della proteina cereblon come marker possibile per migliorare i risultati del trattamento dei pazienti con mieloma multiplo – afferma il Prof. Stewart, convinto che a piccoli passi si stia cominciando “a dividere la causa dei difetti alla nascita dalla proprietà anti-cancro, per lo sviluppo di farmaci più sicuri in futuro”-.
Il mieloma multiplo è un tumore che colpisce le plasmacellule, una componente molto importante del sistema immunitario. In particolare le plasmacellule sono il risultato della maturazione dei linfociti B che, assieme ai linfociti T, rappresentano le due principali tipologie cellulari coinvolte nella risposta immunitaria. Il ruolo delle plasmacellule, che si trovano soprattutto nel midollo osseo, è quello di produrre e liberare anticorpi per combattere le infezioni, ma in alcuni casi la loro crescita procede in maniera incontrollata dando origine al tumore.
Con l'impiego di talidomide nella terapia del mieloma multiplo viene perseguito un nuovo tipo di approccio terapeutico. Ricerche specifiche hanno dimostrato che la talidomide è in grado di inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni. La formazione di nuovi vasi sanguigni, anche detta angiogenesi, rappresenta una condizione indispensabile per la crescita di tumori. Inoltre la talidomide sembra avere effetti anche sul sistema immunitario. L'obiettivo è quello di scoprire se la crescita del tumore possa essere frenata dall'impiego del farmaco “bipolare”, tossico in gravidanza (anche se nato per ridurre la nausea) e salvavita in pazienti oncologici.
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