martedì 3 gennaio 2012

Allarme protesi Pip: 150 milioni di sterline per rimuoverle. Contenevano scarti industriali e additivi per carburanti

di Jacopo Di Bonito
Le protesi Pip tornano sulle prime pagine dei giornali. Dopo l’ordinanza firmata dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, “al fine di individuare i portatori delle protesi mammarie denominate Pip” - protesi al seno potenzialmente rischiose per la salute – impiantate nel nostro Paese”, la “telenovela” va avanti e si arricchisce di particolari sempre più inquietanti. Secondo quanto riferisce Rtl (radio francese) il gel contenuto nelle protesi mammarie è un miscuglio di prodotti chimici industriali, tra cui un additivo per carburanti e due prodotti utilizzati nell’industria del caucciù.
“Dall'Affssaps (agenzia francese di sicurezza sanitaria) sapevamo che si trattava di un gel improprio, utilizzato piuttosto nell'alimentare e in informatica – spiega all'agenzia France Presse un medico consulente di un’associazione di donne portatrici di protesi Pip, Dominique-Michel Courtois - Non avremmo mai pensato che potesse contenere dell'additivo per carburanti; per questo chiediamo analisi delle protesi direttamente prelevate sulle pazienti”.
Anche in Italia l’allarme è totale. L'ordinanza firmata dal ministero Balduzzi  impone “a tutte le strutture ospedaliere e ambulatoriali pubbliche e private, accreditate o autorizzate, di redigere entro 15 giorni un elenco nominativo di tutti i casi riguardanti l'impianto di Pip a partire dal primo gennaio 2001: la lista resterà a garanzia della privacy dei pazienti, nella esclusiva disponibilità delle strutture, le quali però dovranno notificare alle Asl di riferimento (e queste alle competenti autorità regionali) la data di ciascun intervento d'impianto”. Il ministro ha inoltre chiesto al Comando dei Carabinieri di effettuare indagini al fine di ricostruire i passaggi amministrativi per l'acquisizione delle protesi Pip, nonché i percorsi sanitari che hanno preceduto l'impianto delle stesse.
Nella stessa direzione vanno le parole del presidente dell'Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) Luigi Presenti, che ha dichiarato:” È necessaria una attenta sorveglianza sull'acquisizione di dispositivi medici che, sempre più di frequente, vengono scelti in base al prezzo, in gare che non vedono un forte coinvolgimento dei professionisti”.
Il presiedente ha poi aggiunto che “l'ampia discussione, in cui è emersa la sintonia tra il ministero e la comunità scientifica ha permesso di evidenziare da un lato che l'allarmismo sulla eventuale cancerogenicità del prodotto appare assolutamente ingiustificata, dall'altro che, di fronte alla evidente scarsa qualità della protesi, è necessario stabilire linee guida di comportamento per tutti i chirurghi, basate non sull'emotività del momento, ma su di una razionale valutazione del danno, attuale o potenziale, che le donne possono aver subito. Ora - ha concluso Presenti - è necessario definire rapidamente le opportune strategie, per questo Acoi, insieme ai rappresentanti delle altre società scientifiche coinvolte, incontrerà lunedì prossimo il Consiglio superiore di sanità, al fine di elaborare un documento che avrà la massima diffusione tra i chirurghi italiani”.
L’allarme lanciato dalla Francia è giunto quindi anche in Italia. E mentre la Svizzera continua a seguire il problema senza farne una questione di Stato, dalla Gran Bretagna arriva una notizia incredibile: la spesa per rimuovere le protesi Pip alle 50mila inglesi portatrici si aggirerebbe sui 150 milioni di sterline. In altre parole, se il ministero optasse per una rimozione a carico del servizio sanitario nazionale, la Gran Bretagna sarebbe costretta ad un ingente “sacrificio economico”. Il ministro della salute, Andrew Lansley, ammette di essere “preoccupato” e ha ordinato un’indagine urgente sulla sicurezza delle Pip, per fugare ogni dubbio e poter decidere in tempi brevi cosa fare. Le cliniche intanto hanno fissato il presso: ogni singola rimozione costerà non meno di 3mila sterline. Insomma, la situazione è sempre meno chiara. Se le analisi del caso, alle quali saranno sottoposte le protesi Pip, obbligheranno una veloce rimozione, gli Stati di tutto il mondo si troveranno dinanzi ad un dubbio amletico: pagare, con evidenti ripercussioni sui conti della sanità locale o lasciare le pazienti, sole, dinanzi all’assurdo problema.


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