mercoledì 11 gennaio 2012

Herpes genitale: le terapie non permettono di sconfiggere il virus, è allarme epidemia

di Marina Ranucci
Sembra essere un virus imbattibile, l’herpes simplex, tanto da sollevare un allarme epidemia. L’infezione colpisce periodicamente il 20% di europei e americani. Il virus dell’herpes sembra un parassita perfetto. Durante l’anno, colpisce diverse volte il corpo di chi lo ospita, con fastidiose vescicole febbrili che interessano la cute: viso, labbra, narici e genitali. Nelle forme più comuni, al termine del processo infiammatorio, le vescicole formano una crosticina giallastra, che in genere scompare dopo una decina di giorni. Ciò che contraddistingue il virus è che vive stabilmente nell’organismo dell’ospite, in particolare nei gangli nervosi, dove sta rintanato spesso senza dare alcun fastidio.
È sempre pronto però a scatenarsi, cogliendo gli stati di “debolezza” psicofisica del suo ignaro padrone di casa, e a dare il via alle tipiche lesioni. L’herpes simplex appartiene alla famiglia “herpesviridae” ed è causa di due forme di herpes: HSV I e HSV II. La prima forma, notevolmente diffusa, è responsabile della comparsa delle vescicole che interessano la cute facciale: in pratica, il più comune herpes labialis. La seconda forma è un’infezione genitale più grave, nota anche come herpes genitalis. Entrambe si contraggono col contatto fisico e sessuale. Negli ultimi decenni, i farmaci utilizzati hanno mostrato tutta la loro efficacia nel migliorare la sintomatologia e la condizione generale dei pazienti. Tuttavia, secondo una ricerca del Dipartimento di Medicina ed Epidemiologia dell’Università di Washington, pubblicata sulla rivista “Lancet”, la terapia oggi non è in grado di fermare la replicazione del virus. Lo studio, che si è concentrato in particolare sull’herpes genitale, e ritenuto un problema di salute pubblica, ha analizzato 113 pazienti affetti da herpes genitale, e sottoposti a tre diverse terapie standard. Dai risultati raccolti è emerso che i trattamenti loro somministrati, sono in grado di ridurre i sintomi e migliorare il benessere del paziente, ma non riescono a fermare la replicazione del virus. Quindi le terapie non impediscono le epidemie ricorrenti. Il virus resta in uno stato di acquiescenza, e quando si riattiva, nel 50% dei casi dura meno di 12 ore. Si tratta, secondo lo studio, di episodi infettivi tre volte più ricorrenti di quanto si immaginasse. «Il nostro lavoro - spiega Christine Johnston, coordinatrice dello studio - indica che la terapia non riesce a sopprimere il rilascio delle particelle virali nel tratto genitale. Dunque, abbiamo bisogno di altre strategie terapeutiche e preventive per controllare la diffusione del virus. Si tratta di un problema di salute pubblica» conclude, la ricercatrice. In sostanza il virus, con la sua capacità di nascondersi e tornare a colpire, rende la somministrazione dei farmaci un mero indebolimento, ma non una cura definitiva. E ciò avviene soprattutto per la variante genitale. L’allarme di un’epidemia globale incombe. Anche perché il 20% della popolazione europea e degli Stati Uniti infettata dall’herpes simplex, correrebbe maggiori rischi di contrarre l’Hiv, il virus dell'immunodeficienza umana.

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