«Mai più bambini dietro le sbarre»
di Micaela Tempesta
La situazione delle carceri italiane, si sa, non è delle migliori anzi. Immaginate come potrebbe essere per un bambino crescere dietro le sbarre. In Italia ci sono circa 70 bambini di età compresa tre i 0 e i 3 anni che scontano una pena “ingiusta”. «È una vergogna far scontare una pena detentiva a bambini che non hanno alcuna colpa se non quella di essere figli di detenute» afferma con toni decisi Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria.
Per un adulto scontare una pena detentiva può essere traumatica , figuriamoci cosa può essere per un bambino. « La detenzione delle madri con i bambini viene attenuata solo grazie all'umanità che la polizia penitenziaria femminile applica nei confronti di questi poveri innocenti costretti a vivere dietro le sbarre». L’età compresa tra i 0 e i 3 anni si dice sia quella scevra da ogni retaggio sociale, quella in cui il bambino è libero. Questo non vale per i 70 baby-detenuti nelle carceri italiane ed è accorato l’appello che l’ente “Museo Storico della Liberazione” ,insieme al “Comitato Madri per Roma città aperta” , lancia in una lettera inviata ai ministri dell’Interno e della Giustizia chiedendo una sistemazione “adeguata” per tutte le madri detenute e i loro piccoli. «Mai più bambini dietro la sbarre» è l’incipit della missiva che continua chiedendo l’individuazione di case famiglia o strutture simili prima dell’entrata in vigore della legge, ancora in corso d’opera, che permetterà ai bambini di vivere in un ambiente sano e adatto a loro. Alle associazioni che in queste ore stanno dando adesione all’appello, come Aromainsieme, si aggiunge la denuncia di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: «Ci sono stati vari tentativi infruttuosi di modificare la legge sulle detenzione femminile. Ora occorre realizzare strutture alternative, sul modello di quanto è avvenuto a Milano». «È inaccettabile -rimarca Gonnella- che bambini in età così delicata siano costretti a vivere senza aria, in spazi angusti e sovraffolati. Qualunque pediatra può attestare che si potrebbero avere danni irreversibili sullo sviluppo psico-cognitivo del bambino costretto a vivere in carcere». La legge italiana consente alle madri di tenere presso di sé i figli fino all’età di tre anni ma il carcere anche nelle strutture dove sono state realizzate sezioni nido, rimane un luogo incompatibile con le esigenze di relazione tra madre e figlio e di un corretto sviluppo psicofisico del bambino stesso. I firmatari dell’appello fanno presente che l’Europa è intervenuta sul tema è ha emesso una risoluzione dal titolo “Resolution on socio-labour reinsertion of female ex prisoners”. «Alcuni elementi relativi alla condizione femminile nelle carceri - si legge ancora nell'appello- vengono indicati come obiettivi da perseguire dagli Stati europei, come ad esempio che la detenzione per le donne deve essere considerata come ultima soluzione o che e necessario promuovere misure alternative e sostitutive alla detenzione in particolare per donne con bambini, favorire i regimi detentivi aperti per le donne e che ogni stato membro dovrebbe promuovere ricerche studi e riflessioni sui bisogni specifici delle donne detenute. Chiediamo quindi al governo-conclude l'appello ai ministri Severino e Cancellieri- di adoperarsi nei modi che riterrà più efficaci perché quanto richiesto dalla Comunità europea si possa attuare in Italia. Perché nessuna madre e nessun bambino siano più dietro le sbarre». E’ una maternità interrotta quella nelle carceri ed è interrotta anche l’infanzia dei bambini costretti a vivere i loro primi anni di vita dietro le sbarre e la vita di madre e figlio è segnata per sempre anche quando, scontata la pena,escono di prigione rimanendo invisibili per la società e le istituzioni.
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