domenica 5 febbraio 2012

CRONACA - Dopo un anno dalla “primavera araba” peggiora il bilancio economico dei paesi islamici

Allarme disoccupazione giovanile

di Valeria Pollio
La “primavera araba” del 2011, al contempo momento di rinascita e di estrema ribellione dei paesi arabi contro i regimi dittatoriali che erano al potere da più di trent’anni, si è rivelata controproducente. Agli albori del 2012 la situazione è drammaticamente  sia peggiorata. A lanciare l’allarme “crisi economica e politica” è proprio l’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite), in vista della presentazione del rapporto annuale a Beirut ad opera della Commissione economico-sociale per l'Asia occidentale (Escwa).
I Paesi della regione mediorientale stanno attraversando un periodo di forte instabilità, che si ripercuote sul versante dell’occupazione giovanile e che sta, soprattutto, marcando il divario tra paesi possessori di petrolio e paesi che ne sono privi. Ricordiamo che è stata proprio la disoccupazione giovanile, tre volte superiore a quella complessiva, il movente delle rivolte civili. “Quello attuale - ha dichiarato il vice segretario esecutivo dell'Escwa, Nadim Khouri, presentando lo studio - è un momento critico per tracciare un nuovo corso di sviluppo più inclusivo e sostenibile". “Gli eventi della Primavera Araba - ha precisato Khouri - mettono in risalto la necessità di un cambiamento nella natura sociale e politica delle società di questi Paesi attraverso la creazione di posti di lavoro come base di una crescita sostenibile post-rivoluzionaria". Obiettivo primario dell’Onu è suggerire l'adozione di “un nuovo modello di sviluppo basato su una maggiore diversificazione economica, una più efficace competizione e competitività, un'integrazione regionale e un rafforzamento dei mercati finanziari per favorire gli investimenti". Lo studio raccomanda inoltre di sviluppare la cooperazione tra diversi Paesi della regione al fine di realizzare "una gestione più sostenibile dell'acqua e del settore agricolo, ciò che potrà creare posti di lavoro 'verdi', ridurre la povertà rurale e incrementare la sicurezza alimentare". La crisi ha toccato meno i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati arabi uniti, Oman, Bahrein e Qatar), ricchi di petrolio, i quali hanno goduto di un incremento medio del Pil del 6,1% nel 2011 e del 4,1% l'anno precedente. I Paesi appartenenti al gruppo delle 'economie più diversificate' hanno subito, invece, una contrazione del Pil del 2,7% nell'anno appena concluso e del 3,8% nel 2010. Inoltre, la situazione in Libano non sembra essere delle migliori. A distanza di un anno, infatti, licenziamenti, forte diminuzione dell'afflusso turistico, contrazione delle attività edilizie e sensibile diminuzione delle rimesse degli espatriati, stanno lacerando l’economia del Paese.


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