Il 93% dei pazienti dichiara di sentirne il peso
di Valeria Pollio
L’artrite reumatoide, malattia a decorso cronico e progressivo, cambia la vita di chi ne è affetto. L’infiammazione dolorosa alle articolazioni (tre o più aree articolari), la rigidità mattutina che si protrae per almeno due ore, la stanchezza, la fatica rendono difficile ogni minimo gesto della quotidianità e ciò porta, con il passare del tempo, ad uno stravolgimento del proprio modus vivendi. Proprio di questo aspetto si è occupato il sondaggio nazionale condotto online dall’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR), grazie al supporto di Bristol-Myers Squibb.
Il questionario, contenente numerose domande, oltre ad aver fatto il giro del web grazie ad un annuncio presente nel sito stesso di ANMAR e alla pagina Facebook dell’Associazione, è stato distribuito anche in versione cartacea presso 16 centri di cura della Penisola italiana. Non tutti coloro che hanno partecipato al sondaggio appartengono ad un'associazione di pazienti; in ogni caso il 23% (quasi uno su 4) di quelli che hanno risposto on line vorrebbe farne parte in futuro. Le 533 risposte (293 via internet e 240 provenienti dalle strutture) hanno fornito rilevanti informazioni. E’ emerso che questa patologia invalidante, che colpisce nel mondo circa 10 milioni di persone, mentre nel nostro Paese circa 300.000 (più donne dai 30 ai 50 anni), per il 93% dei pazienti colpiti incide pesantemente sulla qualità della loro vita; per l'85%, invece, grava sulla capacità di compiere i più semplici gesti quotidiani, come aprire una bottiglia, svolgere attività domestiche, salire le scale, vestirsi o lavarsi. Ancora, secondo l'84% dei pazienti influisce sul lavoro e il 23% perde più di 3 giorni lavorativi al mese quando la malattia è difficilmente controllabile (il dolore è acuto). Entro 10 anni dalla comparsa dei sintomi, infatti, la metà dei pazienti non è più in grado di svolgere un lavoro a tempo pieno. Non solo il dolore fisico o psicologico, ma anche il rischio di veder svanire d’un tratto i sacrifici di una vita. La perdita parziale o totale di autonomia del paziente richiede la presenza di un caregiver, ovvero di qualcuno che possa fornire un’adeguata assistenza. Dall’indagine sono emerse, oltre alle difficoltà, anche pareri sulle campagne di informatizzazione, sulle terapie e sulle modalità di prevenzione. Il 93% delle risposte al questionario considera le campagne informative e le attività di sensibilizzazione degli ottimi strumenti che potrebbero facilitare la diagnosi precoce, dunque semplificare la gestione della malattia. Non di secondo piano è il ruolo svolto da social network e dal resto delle informazioni presenti in Rete. In Il 65% degli ammalati che ha risposto on line ha dichiarato di rivolgersi costantemente ai siti web, forum online e social network per informarsi sulla patologia, quindi chiarire dei dubbi e fortificare delle certezze. Internet a parte, coloro che ogni giorno combattono contro l’artrite reumatoide sentono di poter contare sull’aiuto degli specialisti. Solo lo specialista, importante punto di riferimento, può interagire con i suoi pazienti, condividendo con loro la scelta della terapia. Oggi le terapie disponibili sono poche; si tratta di farmaci biologici che alleviano i sintomi e rallentano l’azione della patologia. La terapia dell'artrite reumatoide mira dunque a contrastare il dolore e impedire la progressione delle lesioni articolari, causa di disabilità.
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