di Jacopo Di Bonito
“Soltanto 4 medici su 737 intervistati conoscono e si servono di linee-guida nell’uso degli esami radiologici”. In altre parole, i medici prescriverebbero analisi scientifiche senza conoscerne i reali rischi per la salute dei pazienti.
Secondo una ricerca delle società scientifiche aderenti a Wonca Italia (“braccio” italiano dell’organismo internazionale che riunisce i college e le società scientifiche della medicina generale di tutto il mondo), solo 4 specialisti sui 737 intervistati conoscerebbero i rischi radiologici di alcuni esami medici.
Negli ultimi anni infatti l’esposizione dei pazienti alle radiazioni ionizzanti da esami diagnostici è cresciuta enormemente. In molti casi però le prescrizioni di questi esami non seguono il principio di “giustificazione”, che richiede che sia valutata la loro reale utilità e necessità. Le domande a cui sono stati sottoposti i medici riguardano i bisogni formativi su: la dose somministrata per singolo esame, gli effetti biologici delle radiazioni, il principio di giustificazione e le linee-guida. I dati mostrano che mediamente i medici prescrittori raggiungono uno score di 5,02 risposte corrette su 13 (38.63%). Soltanto 92 medici su 737 (12,67%) raggiungono la sufficienza (ovvero almeno 8 risposte corrette).
Ogni anno in Italia vengono eseguite da 36 a 43 milioni di prestazioni radiografiche. In media una per cittadino, bambini esclusi. Al Pronto Soccorso il 35% degli esami avviene con apparecchi radiologici tradizionali (la classica lastra), nel 10% dei casi entra in azione la TC che produce immagini di elevata qualità (specie i modelli di ultima generazione, multistrato), ma emette alte dosi rispetto alle tecniche
convenzionali. Secondo il prof. Lagalla, nel suo dipartimento a Palermo, il 70% dei referti dei medici di Pronto Soccorso è negativo, cioè non evidenzia lesioni: c’è il sospetto che in gran parte si possa parlare di “esami inutili”.
“Risulta fondamentale – sostengono gli esperti - ridurre il numero degli esami radiologici “inappropriatamente” richiesti ed eseguiti, evitare che il paziente sia sottoposto, quando non sia realmente necessario, all’esposizione a radiazioni ionizzanti e ridurre di conseguenza le liste d’attesa che hanno subito, negli ultimi anni, un incremento significativo in seguito alla accresciuta offerta di prestazioni di diagnostica per immagini che ha determinato una domanda non sempre del tutto giustificata”.
Le “Linee guida per la diagnostica per immagini”, sono il frutto dell’elaborazione di un’apposita commissione dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (ASSR), che ha ottenuto il via libera dalla Società Italiana di Radiologia Medica.
“La survey - si legge in una nota del Wonca Italia - conferma i dati della letteratura internazionale di un inadeguato livello medio di conoscenza del rischio radiologico, indicando che i bisogni formativi dei medici riguardano in particolare la conoscenza delle linee-guida esistenti. Per tutte le sezioni – concludono gli autori - il livello di conoscenza è inferiore al 50%, dunque occorre migliorare la qualità della formazione pre e post-laurea in merito ai rischi delle radiazioni e pianificare corsi di Ecm finalizzati ad accrescere l’appropriatezza delle prescrizioni radiologiche”.
Gli esami radiologici sono fondamentali per rintracciare le malattie che l’occhio umano non è in grado di diagnosticare, soprattutto se non conosce, neanche i rischi, degli esami stessi.
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