domenica 19 febbraio 2012

Richiesta sblocco Turn-over; LOTTA AL PRECARIATO

La Cisal Università in prima linea alla lotta al precariato. "A troppi lavoratori viene negato il diritto ad un lavoro stabile"
di redazioneIl presente documento intende ricercare soluzioni sull’endemico problema diffuso nelle pubbliche amministrazioni che da anni sono costrette, per garantire la continuità nell’erogazione di livelli essenziali di assistenza e per scongiurare l’interruzione di un pubblico servizio, a ricorrere, per il loro effettivo funzionamento, a forme di lavoro diverse dalle assunzioni a tempo indeterminato, mediante la sottoscrizione di contratti a termine o mediante il ricorso al lavoro interinale.
 E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, che il blocco del turn over e l’emorragia di personale dipendente dalle suddette amministrazioni pubbliche per raggiungimento dei limiti pensionistici, ha causato e continua a causare che il funzionamento delle amministrazioni stesse debba necessariamente avvenire tramite l’attività di lavoratori che non godono delle garanzie di stabilità. Ciò è particolarmente evidente nel settore sanità dove il funzionamento di una amministrazione sanitaria è strettamente correlato all’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute del cittadino quale bene primario. Ciò, inoltre, appare particolarmente evidente per quelle amministrazioni istituite nel decennio 1970/1980 e che iniziarono a svolgere la loro attività con personale allora neoassunto, oggi, nella stragrande maggioranza pensionato o immediatamente prossimo alla quiescenza per raggiungimento dei limiti di età.
Tale è ad esempio il caso dei Policlinici in Campania dove negli ultimi anni gli organici si sono ridotti oltre il 40%, limite che anche intuitivamente, rende evidente non solo l’assorbimento di ogni esubero di personale, ma l’effettiva inidoneità dei sistemi di organizzazione del lavoro ad assolvere i compiti di assistenza sanitaria con il personale in forza. In ragione di quanto esposto si è assistito, almeno nell’ultimo quinquennio, da un lato al sistematico quanto antieconomico ricorso al lavoro straordinario e dall’altro all’introduzione di forme di lavoro precario e flessibile solo apparentemente lecite, economiche ed in linea con la normativa nazionale che regola l’introduzione del lavoro nel pubblico impiego. Su tale ultimo aspetto vale la pena di evidenziare come tale ultimo rimedio costituisca un rimedio abusivo, non lecito che espone la pubblica amministrazione ad un danno potenziale ingentissimo idoneo di per sé a tradire ogni esigenza di economicità posta alla base della sua scelta.
E’ infatti evidente che il sistematico ricorso a tali tipologie di lavoro sia in contrasto con la direttiva 1999/70/CE e con l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.
Basti pensare che la direttiva 1999/70/CE, volta a dare attuazione al citato accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, al suo Considerando n. 14 prevede, infatti, che “le parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali ed i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato”.
A tali principi si aggiungono, inoltre, quelli espressi nel suddetto accordo quadro tra le cui finalità in particolare vi è quella di fornire un contributo in direzione di un migliore equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza del lavoro. Nel preambolo del citato accordo, infatti, si afferma espressamente che “Le parti firmatarie riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro” e nel 6° considerando si ribadisce che “i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento”. Nel 7° Considerando, ancora, si chiarisce che basare il contratto a tempo determinato su ragioni oggettive è stato ritenuto il modo migliore per prevenire abusi e fatte queste premesse si individua l’obiettivo dell’accordo nel miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato, garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e prevedendo la creazione di un quadro normativo per la prevenzione degli abusi costituiti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato. Per quanto riguarda gli obiettivi fissati dal citato accordo quadro vanno richiamate la clausola n. 1 ove si specifica che: “L'obiettivo del presente accordo quadro è: a) migliorare la qualità. del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione; b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato”, la clausola n. 3 “Definizioni” ove si precisa che “1. Ai fini del presente accordo, il termine «lavoratore a tempo determinato» indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico”, ed infine la clausola n. 5 “Misure di prevenzione degli abusi” ove si prevede che “1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati «successivi»; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato”. Ed infatti, l’ art. 4 punto 1 del citato accordo prevede che: “… per quanto riguarda le condizioni di impiego i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive…”. Tale conclusione è stata assai di recente asseverata dalla C.G.E. che, nell’ordinanza del 1 ottobre 2010 (resa nella causa C-3/10 – Franco Affatato c/ Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza) – riprendendo alcuni suoi precedenti arresti, ha definitivamente chiarito che: - le misure così elencate nella citata clausola 5, punto 1, lett. a)- c), in numero di tre, attengono rispettivamente a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (punto 44)  - quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (punto 45) - quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti secondo i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della Direttiva 1999/70, gli Stati membri devono “prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva” (punto 47)
Con tale decisione, le cui motivazioni sono ben note, la CGE ha stabilito che: “1) La nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18/03/1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale , che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato. 2) La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato”.
E’ pertanto talmente evidente che l’assicurare il funzionamento delle pubbliche amministrazioni mediante il sistematico ricorso a forme flessibili di lavoro sia un rimedio illecito, contrario al diritto dell’Unione europea oltre che miope sotto il profilo dell’economicità del sistema, pertanto pare opportuno, se non doveroso, ricercare soluzioni.
All’uopo appare necessario introdurre nel complesso di norme che regolamentano il funzionamento delle pubbliche amministrazioni il seguente testo normativo

TESTO EMENDAMNENTO
“in deroga a quanto fissato in tema di blocco automatico del turn over del personale del SSN, (personale di assistenza diretta, tecnici amministrativi e medici) , ed in conformità ai principi dell’Unione Europea, si autorizzano le Regioni o gli Enti, che alla data del 31.12.2011, abbiano approntato piani di rientro da situazioni di squilibrio economico(…), ad indire pubblici concorsi per la copertura degli organici delle aziende sanitarie ed universitarie e IRCS in una misura pari alle unità di personale tenute in forza alla data del 31.12.2011, tramite contratti di lavoro a temine o contratti di lavoro sottoscritti con agenzie di lavoro interinale. Si autorizzano altresì le predette amministrazioni alla indizione di bandi di concorso per la piena copertura dell’organico occorrente, tenendo conto delle unità di personale poste in quiescenza nell’ultimo triennio. Le predette procedure, al fine della loro validità, dovranno prevedere che le amministrazioni tengano conto, nell’individuazione dei soggetti vincitori, dei periodi prestati da ciascun candidato presso le suddette amministrazioni in virtù di contratti di lavoro a termine sottoscritti direttamente dalle amministrazioni sanitarie o dalle agenzie di lavoro interinale”.






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