di Jacopo Di Bonito
Nel mondo sempre più bambini soffrono di autismo. Secondo una statistica, un neonato su diecimila viene colpito da questa grave patologia, associata al ritardo mentale. La medicina, che sembra non possedere cure mirate, naviga a vista. In questo mare di incertezza, due nuovi studi, realizzati dall'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano, provano a riaccendere la speranza.
Pubblicati sul Journal Biological Chemistry e Human Molecular Genetics e finanziati anche da Telethon e Regione Lombardia, i due progetti puntano a capire le cause dell'insorgenza della patologia nella speranza di identificare terapie mirate.
L’iperattività, i tempi di attenzione brevi, l’impulsività, l’aggressività, l’autolesionismo e la crisi di collera sono alcuni dei sintomi legati all'autismo.
Per studiare da vicino la malattia i ricercatori del In-Cnr di Milano hanno preso esame le spine dendritiche.
“Numero e struttura di spine dendritiche e sinapsi sono alla base dei processi di apprendimento e mnemonici. Varie patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l'autismo, possono essere causate da loro alterazioni funzionali e morfologiche”, specifica la ricercatrice Chiara Verpelli.
In altre parole i neuroni permettono di ricevere, elaborare e trasmettere segnali nervosi dei circuiti cerebrali attraverso una serie di prolungamenti chiamati dendriti, la cui superficie è ulteriormente estesa da spine su cui si trovano le sinapsi, fondamentali per la connessione neuronale.
“Numerose patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l'autismo, possono essere causate da alterazioni funzionali e morfologiche a carico delle spine dendritiche e delle sinapsi del circuito cerebrale”, spiega Carlo Sala, ricercatore dell'In-Cnr di Milano. “Sono stati selezionati – prosegue - due geni, Il1rapl1 (Interleukin-1 Receptor Accessory Protein Like 1) e Shank3 (SH3 domain and ANKyrin repeats), entrambi essenziali al corretto funzionamento dei circuiti cerebrali e dunque alla base della nostra capacità di pensare, imparare e socializzare, ma anche causa certa di autismo e ritardo mentale in caso di mutazione genetica”.
I risultati positivi dei test, in vitro, spingono i ricercatori a credere in una nuova terapia farmacologica: “Gli studi pubblicati – spiega Chiara Verpelli - hanno caratterizzato i difetti sinaptici indotti dalle mutazioni di Il1rapl1 e Shank3 e dimostrato, almeno in vitro, che un farmaco sperimentale è in grado di riparare il danno funzionale causato dalla mutazione del gene Shank3. Bisogna ora capire meglio dove, come e quando è avvenuta l'alterazione da noi studiata. La speranza è di poter arrivare a strategie terapeutiche comuni applicabili all'uomo nelle forme di autismo che colpiscono le sinapsi”.
Attenzione però al facile entusiasmo, raccomandano i ricercatori: “Studi recenti - precisa Carlo Sala - hanno mostrato una patogenesi genetica in un crescente numero di bambini affetti da disturbi autistici, evidenziando una diretta connessione tra manifestazioni autistiche e delezioni (assenza di un tratto cromosomico), mutazioni e particolari variazioni polimorfiche di un numero crescente di geni. L'identificazione precoce dell'autismo aprirebbe la via a trattamenti terapeutici laddove i processi di sviluppo neuronale possano ancora venire in parte modificati”. Conclude il ricercatore. Purtroppo la molteplicità funzionale dei geni identificati non consente ancora di teorizzare una strategia terapeutica comune a tutti i casi di autismo.
Come e quando sarà possibile una terapia farmacologica mirata nessuno ancora lo sa. La ricerca sull’autismo sembra però aver intrapreso la strada giusta, e questa è già una buona notizia. (Fonte Adnkronos)
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