Vola la disoccupazione, con quella giovanile che è la più alta dal 2004. E schizza l'inflazione, al 3,4%. I dati dell'Istat sono una sequenza di record negativi, con gli indicatori che fanno tornare indietro le lancette dell'economia italiane. Immediato l'allarme lanciato da sindacati, associazioni dei consumatori e rappresentanti dell'opposizione. Del resto, i numeri sembrano inequivocabili. Il tasso di disoccupazione, all'8,3% a settembre rispetto all'8% di agosto, è ai livelli di novembre 2010, quando la crisi era al culmine dei suoi effetti negativi. Il numero dei disoccupati a settembre sale a 2,080 milioni, in aumento del 3,8% rispetto ad agosto (+76 mila unità).
Il tasso di disoccupazione giovanile sale a settembre al 29,3%, dal 28% di agosto. E in questo caso è il più alto dal gennaio 2004. E neanche dall'occupazione arrivano notizie positive. Se rimane sostanzialmente stabile a livello tendenziale, al 56,9%, il tasso è in calo rispetto al mese di agosto, con una diminuzione dello 0,4% (86 mila occupati in meno). In particolare la diminuzione riguarda sia la componente maschile (-0,3%) sia quella femminile (-0,4%).
Proprio per la componente femminile emerge un dato significativo. Quasi una donna su due in Italia né lavora né è in cerca di un posto, ovvero non rientra né nella fascia degli occupati né in quella dei disoccupati. Infatti, l'Istat, nelle stime provvisorie, rileva che a settembre il tasso di inattività femminile è pari al 48,9%, mentre quello maschile si attesta a 26,9%. L'inflazione, nella stima preliminare, sale al 3,4% dal 3% di settembre, il dato più alto da ottobre 2008. La dimensione della crescita congiunturale rispecchia anche gli effetti delle misure previste dalla recente manovra finanziaria e, in particolare, dell'aumento dell'aliquota dell'Iva ordinaria al 21%. L'inflazione acquisita per il 2011, quella che si registrerebbe nella media di fine anno nell'ipotesi che l'indice rimanga nei restanti mesi allo stesso livello di ottobre, è pari al 2,7%. Intanto, a ottobre la benzina è aumentata del 17,8% (dal +16,3% di settembre) su base annua, mentre è salita dello 0,8% su base mensile. Sempre a ottobre il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto è salito del 21,2% (dal +19,2% di settembre) ed è aumentata dell'1,7% sul piano congiunturale.
E se i dati sono eloquenti, i commenti che seguono sono lo specchio della preoccupazione che cresce nel Paese. A partire da quella espressa dai sindacati. Secondo il leader della Uil, Luigi Angeletti, i dati sulla disoccupazione dell'Istat di oggi «dimostrano come sarebbe più efficace incentivare le aziende a tenere al lavoro le persone piuttosto che incentivarle a licenziarle e poi dover assistere i disoccupati». Parole che vanno legate alla polemica in atto sui "licenziamenti facili". Un «polverone inutile», polemiche «sbagliate» ed un allarme terrorismo lanciato dal ministro Sacconi che «non aiuta» perchè la vera priorità da affrontare, in questo momento di emergenza, non sono i licenziamenti facili ma una vera riforma degli ammortizzatori sociali, sintetizza l'ex direttore generale di Confindustria, Innocenzo Cipolletta. Dalla Cgil il segretario confederale Fulvio Fammoni sottolinea come sia «una delle poche volte da molti anni, che aumentano contemporaneamente sia gli inattivi che i disoccupati». Questo, dice, «è il vero problema della crescita che richiede una risposta all'Europa: non chiudere imprese e non perdere lavoro. Il governo invece parla di licenziamenti facili, uno sberleffo per la condizione dei lavoratori». Così come anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, guarda alle misure promesse dal governo. «È necessario colmare una gravissima lacuna nella lettera inviata dal Governo all'Ue, vale a dire l'appostamento di risorse concrete per sostenere la crescita».
A guardare invece soprattutto al dato dell'inflazione è la Confcommercio. «Rispetto alle nostre previsioni l'aumento congiunturale dello 0,6% stimato oggi dall'Istat testimonia un più rapido adeguamento dei prezzi finali all'incremento dell'aliquota Iva dal 20 al 21%», osserva l'ufficio studi. Della stessa opinione è la Confesercenti, secondo cui «l'aumento dell'Iva è stato davvero un "capolavoro": spinge l'inflazione oltre il 3% ed ai massimi aumenti congiunturali da 16 anni a questa parte, deprimendo al tempo stesso ancora di più i già deboli consumi». Dal fronte politico ad intervenire sui dati macroeconomici è soprattutto con l'opposizione. A partire dal leader del Pd, Pier Luigi Bersani, che fa la sintesi di una difficile. «L'Italia è in pericolo, serve un colpo di reni. Subito novità politiche e riforme vere e immediate. La lettera del governo all'Ue ha avuto effetto nullo per mancanza di credibilità», denuncia. E poi, dopo aver elencato i dati, aggiunge: «c'è bisogno di altro per avere la conferma che è stato giusto lanciare l'allarme e che lo è ancora di più oggi?». Sulla stessa linea il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, secondo cui i dati Istat sull'aumento della disoccupazione giovanile fino al 30% e sull'inflazione, che si è triplicata rispetto all'adeguamento dei salari e delle pensioni a ottobre, indicano che «il governo ha scelto la strada della recessione». E dall'esecutivo è il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, a commentare: «l'Italia avrà difficoltà a crescere fintanto che, come si evince dai dati Istat, metà della popolazione femminile continuerà a non avere un posto di lavoro e a non cercarlo. Che questo obiettivo - conclude il ministro - sia una priorità per il governo lo dimostra, tra l'altro, la lettera inviata a Bruxelles la settimana scorsa».
Intanto manco a dirlo, a pagarne le spese, sono i cittadini, giunti, loro malgrado, ad un punto di non ritorno per far quadrare il bilancio della famiglia. La posizione delle associazioni dei consumatori è chiara, così come è ormai certa la protesta che sta per esplodere nel nostro Paese.
«Una crescita ormai incontrollata, che, ancora una volta, si dimostra in piena contraddizione con l'andamento dei consumi e del potere di acquisto delle famiglie. Un aumento simile non può avere alcuna giustificazione o spiegazione al di fuori delle volontà speculative ormai chiare ed evidenti, nonché della demenziale manovra di aumento dell'Iva operata dal Governo». Lo dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. «Ci troviamo, infatti, di fronte ad un crollo in quasi tutti i settori, persino in quello alimentare, con una caduta dei consumi del -4% ed una progressiva e sempre più radicata modifica nelle abitudini delle famiglie. Una contrazione - sottolineano le due associazioni di consumatori - che va di pari passo con la caduta del potere di acquisto delle famiglie, stimata nel -7% dal 2008 secondo la Confcommercio e destinata a peggiorare alla luce delle manovre del Governo, destinate a gravare pesantemente sulle famiglie per gli anni a venire». Secondo i calcoli dell'Onf, a regime, la manovra costerà ad ogni famiglia ben 2.031 Euro e la convergenza tra ricadute inflazionistiche e ricadute della manovra economica comporterà un crollo del potere di acquisto delle famiglie dal 2012 al 2014 di oltre 8.300 Euro. «Di questo passo rimarrà ben poco nelle tasche degli italiani», sostengono i due presidenti. «È indispensabile, quindi, un intervento determinato per il rilancio della domanda di mercato, prima di tutto attraverso un sostegno alle famiglie a reddito fisso ed una seria opera di contrasto alle speculazioni su prezzi e tariffe. Per un pieno rilancio dell'economia è necessaria una ripresa degli investimenti nei settori innovativi. Le risorse per tutte queste operazioni - concludono - non andranno sottratte dalle tasche dei "soliti noti", ma sono da ricercare attraverso una decisa lotta all'evasione fiscale, l' aumento della tassazione pagata per il rientro dei capitali scudati e la tassazione sui grandi patrimoni e sulle rendite finanziarie nonché il taglio ai costi della politica». Fonte: Adnkronos e Ansa)
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