di Marina Ranucci
Una nuova teoria emerge dallo studio delle pandemie influenzali. Una ricerca della Columbia University, pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), sostiene che le pandemie di influenza a partire dalla Spagnola del 1918 all’Asiatica del 1957, alla Hong Kong del 1968, fino all’ultima pandemia del 2009, la febbre suina, sarebbero state sempre precedute dal passaggio de “La Nina ”. Questo è un fenomeno oceanico e atmosferico caratterizzato da temperature oceaniche insolitamente fredde, da 3 a 5 gradi in meno rispetto alla media, che si manifesta nel Pacifico equatoriale provocando siccità nelle regioni occidentali del Pacifico e del Nord America, e alluvioni nelle aree costiere del Sud America.
La teoria dei ricercatori è che, questo fenomeno climatico, alterando i ritmi migratori dei volatili, favorisca lo sviluppo di nuovi pericolosi ceppi di influenza. «Sappiamo che le pandemie derivano da cambiamenti drammatici all’interno del genoma dell’influenza – spiega Jeffrey Shaman, un autore della ricerca della Columbia University - la nostra ipotesi è che “La Nina ” ponga le basi per questi cambiamenti attraverso una sorta di sconvolgimento dei modelli migratori degli uccelli – continua il ricercatore - questi cambiamenti non solo alterano i contatti tra le specie di volatili, ma anche quello fra gli uccelli e altri animali, come i maiali: un altro serbatoio dell’influenza umana». In pratica, i cambiamenti climatici nell’anno de “La Nina ” spingerebbero le popolazioni di uccelli portatori di ceppi diversi dello stesso virus a concentrarsi nelle stesse zone del globo. Simultanee e multiple infezioni subite dai vari animali presenti in quelle aree “sovraffollate” di uccelli favorirebbero così un riassortimento del genoma del virus rendendolo quindi più pericoloso. «È vero – afferma Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano - le pandemie sono anche figlie del clima. Già qualche tempo fa, grazie a uno studio condotto insieme al meteorologo Andrea Giuliacci e ad Adriano Mazzarella dell’Università di Napoli, pubblicato nel 2011 su “Theoretical and Applied Climatology”, abbiamo esaminato il legame tra El Nino e le pandemie influenzali. Si tratta di conclusioni interessanti. Ma per notare l’effetto del clima sull’influenza possiamo guardare anche quanto sta accadendo in questa stagione, in Italia – spiega il virologo – l’influenza infatti per il momento non è così pesante sia perché in ballo ci sono virus non nuovi, sia perché il clima è stato particolarmente mite, almeno fino a qualche giorno fa. In ogni caso quello tra il clima e i patogeni influenzali è un legame interessante, da studiare e da approfondire».
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