Si potrebbe rimandare l'urgenza del trapianto di fegato
di Valeria Pollio
La colestasi intraepatica progressiva familiare (PFIC), o Malattia di Byler, è una malattia rara infantile (compare nei primi mesi di vita). Si esprime a livello epatico, intestinale e pancreatico. Nei pazienti con colestasi intraepatica progressiva familiare il flusso biliare dal fegato all'intestino è interrotto a causa di un difetto genetico: gli acidi biliari restano nel fegato e lo intossicano, fino a comprometterne le naturali funzioni.
Gli acidi biliari, ricordiamo, sono prodotti dal fegato per sciogliere i grassi dei cibi assunti. Le persone affette da tale patologia devono essere sottoposti a trapianto di fegato. In alcuni casi il naturale decorso della malattia può essere complicato dall'insorgenza di cancro al fegato. Alcuni recercatori italiani del gruppo di Antonio Moschetta del Consorzio Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro e dell'Università Aldo Moro di Bari, con il supporto dei fondi messi a disposizione da Telethon, stanno perciò sperimentando una possibile cura. Si tratta di una strategia farmacologica che dovrebbe fungere da protezione ma anche facilitare la diminuzione degli acidi dannosi per l’organo interessato. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Gastroenterology”. Vediamo più da vicino in cosa consiste tale ricerca. “In condizioni non patologiche, il flusso di bile è regolato dalla quantità di grassi ingeriti con la dieta – spiega Moschetta -. All'interno delle cellule sono presenti dei sensori molecolari che, in presenza di grassi, si attivano e si legano al Dna, determinando così l'accensione o lo spegnimento di specifici geni. Tra questi, la proteina Fxr regola l'attività di geni necessari a orchestrare il flusso fisiologico della bile: quando gli acidi biliari arrivano nelle cellule dell'intestino, Fxr si attiva e stimola la produzione di un ormone che, attraverso il sangue, arriva al fegato e gli segnala di diminuire la sintesi degli acidi biliari, di cui non c'è più bisogno e che altrimenti sarebbero tossici. Nella colestasi, l'interruzione del flusso di bile dal fegato all'intestino fa perdere questo controllo ormonale”. Dunque, come osservato sugli animali, attivando Fxr nell'intestino si riesce a ridurre fino al 50% la quantità di acidi biliari nel fegato, mentre quando non funziona si assiste all'accumulo di bile nell'organo e al suo progressivo deterioramento. «I nostri risultati – continua a spiegare entusiasta Moschetta - suggeriscono che 'accendendò Fxr nell'intestino attraverso specifici farmaci si può promuovere l'eliminazione degli acidi biliari nel fegato dei pazienti affetti da colestasi, proteggendoli così dal danno epatico e ritardando, se non evitando del tutto, la necessità di trapianto di fegato”. “Fra i farmaci in grado di attivare Fxr – conclude - alcuni sono già in fase di sperimentazione clinica per la cura di un'altra malattia del fegato: questo è importante perché può facilitare il loro utilizzo anche per la terapia della colestasi intraepatica progressiva familiare”.
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