domenica 5 febbraio 2012

Coronografia e angioplastica coronarica: una flebo riduce i danni da mezzo di contrasto al rene

Il 30% dei cardiopatici 
con una angioplastica  soffre di insufficienza renale

di Valeria Pollio
Ogni anno circa 7 milioni di pazienti nel mondo si sottopongono a procedure che prevedono l'uso del mezzo di contrasto a fini diagnostici o per interventi sull'apparato cardiovascolare. Il 15-20% di questi è a rischio di sviluppare un grave peggioramento della funzione renale proprio a causa del mezzo di contrasto. Tali percentuali secondo gli esperti sono in sensibile aumento a causa dell'invecchiamento della popolazione e dell'aumento dei pazienti diabetici e con insufficienza renale cronica. Il 30% circa del totale dei cardiopatici che si sottopongono a coronarografia o angioplastica coronarica soffre di insufficienza renale, e circa un terzo riporta dopo la procedura un'ulteriore compromissione della funzionalità dei reni.

A causare serie complicanze post-terapia è proprio il mezzo di contrasto utilizzato per effettuare la coronografia e l’angioplastica coronarica, rispettivamente esame diagnostico e procedura terapeutica. Esso, infatti, innesca all’interno del rene dei processi ossidativi, fino ad avvelenarlo. Per tale ragione, a Milano presso il Centro cardiologico Monzino, è stata messa a punto una flebo intelligente per ridurre dell’80% i danni da mezzo di contrasto. La ricerca, coordinata da Antonio Bartorelli e Giancarlo Marenzi, responsabili dell'Area di Cardiologia interventistica e della Terapia intensiva cardiologica del Monzino, è stata pubblicata sulla rivista scientifica americana “JACC Cardiovascular Interventions”. L’efficacia della flebo “salva-reni” è stata provata inizialmente su un campione di 170 pazienti con insufficienza renale cronica, sottoposti a  coronografia ed angioplastica coronarica. “Il Centro cardiologico Monzino è un riferimento internazionale nella prevenzione della disfunzione renale da mezzo di contrasto, una complicanza molto grave e molto diffusa tra i pazienti cardiopatici – ha spiegato Antonio Bartorelli -. La flebo intelligente è l'ultimo frutto di una ricerca che conduciamo da anni per ridurre il rischio di danno renale in quei pazienti, sempre più numerosi, che presentano insufficienza renale cronica e necessitano di procedure, come la coronarografia e l'angioplastica coronarica, che richiedono la somministrazione del mezzo di contrasto”. “Rispetto ai trattamenti standard, quello con la flebo intelligente è molto più efficace - assicura -. Si effettua un'ora e mezza prima dell'intervento e prosegue durante la procedura angiografica e nelle 4 ore successive. Questa tecnologia è quindi destinata a diventare il trattamento standard nella prevenzione della disfunzione renale da mezzo di contrasto nei pazienti ad alto rischio”. Vediamo adesso l’aspetto tecnico, ovvero come funziona realmente e in che modo previene i danni ai reni. “Lo strumento – si legge  in una nota dell’ospedale - consiste in una pompa di infusione endovenosa controllata da un computer che contemporaneamente è in grado di misurare con precisione la quantità di urina emessa dal paziente. La pompa regola l'idratazione endovenosa del paziente con l'eliminazione dell'urina, che viene significativamente aumentata grazie alla somministrazione di un diuretico. In questo modo, il sistema mantiene un perfetto equilibrio tra la diuresi del paziente e la quantità di soluzione fisiologica infusa. L'aumentata diuresi permette di ridurre notevolmente il tempo di permanenza del mezzo di contrasto all'interno dei reni, diminuendone gli effetti tossici.
“Nel nostro studio - aggiunge Giancarlo Marenzi - i pazienti che hanno tratto il maggior vantaggio dalla flebo intelligente (con una riduzione della nefropatia da contrasto dell'80% e una significativa diminuzione delle complicanze cardiache ospedaliere rispetto al gruppo di controllo) sono stati quelli con infarto miocardico acuto sottoposti in urgenza ad angioplastica coronarica. Questi pazienti hanno infatti un rischio molto più elevato di sviluppare una complicanza renale, rispetto a quelli sottoposti a procedure angiografiche di routine”. “Stiamo progettando - conclude lo specialista - uno studio multicentrico randomizzato italiano con l'obiettivo di confermare l'efficacia della flebo intelligente per questa specifica tipologia di pazienti, che corrisponde a oltre il 50% di quelli ricoverati per infarto miocardico acuto. È infatti proprio su questo tipo di pazienti che dobbiamo concentrare i nostri sforzi terapeutici per ridurre ulteriormente la mortalità dell'infarto miocardico acuto”.



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