di Valeria Pollio
In Italia, 7 migranti su 10 vivono uno stato di disagio. Conseguenza di ciò, per il 10% di questi, è il disturbo psicologico. Questi dati, raccolti dall’Area Sanitaria Caritas, sono stati presentati all’ XI Convegno dell’ Italian National Focal Point - Infectious Diseases and Migrant, tenutosi stamane a Roma. Quest’anno il convegno ha incentrato l’attenzione su tali temi: “salute mentale, stili di vita e malattie infettive nella popolazione migrante”.
L’intento è rendere note le possibili correlazioni tra i differenti aspetti della salute mentale, delle patologie infettive e delle condizioni e stili comportamentali che contraddistinguono nella quotidianità la vita di alcune fasce di popolazioni straniere. L’evento è stato organizzato da Unità Operativa Ricerca Psico-Socio-Comportamentale, Comunicazione, Formazione; dal Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed immunomediate; dall’Istituto Superiore di Sanità. “L’ Italian National Focal Point - Infectious Diseases and Migrant – si legge nel modello per la definizione di programma del convegno - è un Network di esperti di Istituzioni Pubbliche, Organizzazioni non Governative e Associazioni di Volontariato, che con il contributo di Mediatori linguistico-culturali e di Referenti di comunità di stranieri presenti in Italia, da molti anni è impegnato nell’area della promozione e della tutela della salute delle popolazioni migranti. In particolare, gli oltre 70 componenti del Network hanno centrato l’attenzione sulla prevenzione delle malattie infettive con riferimento specifico all’ infezione da HIV e alla tubercolosi. Tale Rete, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, promuove fin dal 1997 eventi annuali di riflessione e di confronto con il mondo scientifico e con operatori del settore su tematiche inerenti la salute delle persone non italiane attraverso l’organizzazione di percorsi formativi, seminari e convegni”.
L’intento è rendere note le possibili correlazioni tra i differenti aspetti della salute mentale, delle patologie infettive e delle condizioni e stili comportamentali che contraddistinguono nella quotidianità la vita di alcune fasce di popolazioni straniere. L’evento è stato organizzato da Unità Operativa Ricerca Psico-Socio-Comportamentale, Comunicazione, Formazione; dal Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed immunomediate; dall’Istituto Superiore di Sanità. “L’ Italian National Focal Point - Infectious Diseases and Migrant – si legge nel modello per la definizione di programma del convegno - è un Network di esperti di Istituzioni Pubbliche, Organizzazioni non Governative e Associazioni di Volontariato, che con il contributo di Mediatori linguistico-culturali e di Referenti di comunità di stranieri presenti in Italia, da molti anni è impegnato nell’area della promozione e della tutela della salute delle popolazioni migranti. In particolare, gli oltre 70 componenti del Network hanno centrato l’attenzione sulla prevenzione delle malattie infettive con riferimento specifico all’ infezione da HIV e alla tubercolosi. Tale Rete, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, promuove fin dal 1997 eventi annuali di riflessione e di confronto con il mondo scientifico e con operatori del settore su tematiche inerenti la salute delle persone non italiane attraverso l’organizzazione di percorsi formativi, seminari e convegni”.
Le informazioni riguardanti la popolazione straniera in Italia sono allarmanti. Dall’analisi compiuta solo su un campione di 391 migranti, visitati nel servizio di medicina generale del poliambulatorio Caritas di Roma per persone in condizione di fragilità sociale (immigrati non inseriti e richiedenti asilo), è emerso che il 73,65% riporta gravi difficoltà di vita nel Belpaese e più del 10% soffre di un disturbo post traumatico da stress (PTSD). Inoltre, per ogni difficoltà post-migratoria in più, il rischio relativo di avere un PTSD aumenta di 1,19 volte. «I dati emersi attraverso il lavoro della Caritas in collaborazione con il nostro Focal Point - dichiara il presidente dell'ISS Enrico Garaci - ci dicono che oltre 7 stranieri su 10 nel nostro Paese vivono in condizioni di grave disagio. Questo, unitamente al fatto che più del 10% soffre di un disturbo post traumatico da stress, conferma che il concetto di cura è un concetto globale e va oltre il singolo intervento terapeutico». «Nella popolazione immigrata - rileva Garaci - è fondamentale un'attenzione altissima alla sofferenza psichica che può riflettere forti disagi materiali, senza dimenticare che anche lo sradicamento e la solitudine possono far ammalare il corpo, in quell'unità indivisibile che è la persona». Quindi «oltre alle malattie infettive – conclude - è necessario considerare per i migranti anche la condizione di fragilità psicologica». La correlazione tra rischio psicopatologico e rischio infettivo esiste realmente.
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