martedì 22 novembre 2011

LA DENUNCIA - I ricercatori di Rete29aprile: "pressione fiscale illegale sulle tasse di iscrizioni degli studenti"

di Jacopo Di Bonito
“E’ illegittimo aumentare la pressione delle tasse di iscrizione sugli studenti per far fronte ai tagli di bilancio imposti da Tremonti e Gelmini nel corso del 2010”. E’ quanto affermato dai ricercatori di Rete29aprile, forti della sentenza del Tar della Lombardia, che ha condannato l’Università di Pavia colpevole di non aver rispettato il limite di tassazione imposto, pari al 20%. Secondo la Rete, questo assurdo vizietto fiscale sarebbe di moda in diversi atenei italiani, che, in altre parole, sperano di recuperare i soldi "volati via" nei tagli del Governo Berlusconi, prendendoli materialmente dalle tasche degli studenti.
”Da mesi ormai la situazione di marasma normativo innescato dalla  riforma universitaria voluta dal duo Gelmini e Tremonti fa sentire i suoi effetti”, si legge in una nota del gruppo Rete29aprile, che  prosegue denunciando quanto accade ogni anno in Italia: “L’Università di Pavia, la prima a cadere sotto la scure della giustizia amministrativa, è capofila di una lunga serie di università che non rispettano il limite del 20% che la legge impone come tetto alla contribuzione studentesca alle spese complessive di un Ateneo. Si tratta di una norma che tutte le università, chi più chi meno, violano o tendono a violare, soprattutto in un periodo in cui diminuisce significativamente il contributo statale agli atenei”. I rappresentanti di Rete29aprile non si limitano però solo a denunciare, ma propongono una possibile soluzione al problema: “la logica conseguenza sarebbe di cercare modi alternativi per finanziare la ricerca e il funzionamento dell’Università pubblica, ad esempio tassando ulteriormente i capitali rientrati e trattati coi guanti di velluto dal governo Berlusconi: solo un misero 5% di tassazione che potrebbe essere aumentata”.
Se poi il piano "A" dovesse fallire, ecco subito pronto il piano "B": ”Si potrebbe calcolare la contribuzione universitaria parametrando le tasse al patrimonio della famiglia dello studente, riportando nel contempo la contribuzione statale a livelli che permettano agli Atenei di funzionare senza scaricare i costi sulla popolazione studentesca”. La condizione di difficoltà dell’Università pubblica oramai non fa più notizia. Rete29aprile ha acceso le luci su una “moda fiscale” che ha del clamoroso. Se così fosse, vorrebbe dire che le università, in barba alle norme statali, tentano di racimolare soldi togliendoli agli studenti: in Italia, troppo spesso, i cattivi esempi giungono da chi ha in mano l’educazione del Paese.    



  

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