di Enzo Musella
L'Italia affoga in un mare di debiti e la politica dei tagli di spesa regna sovrana. Riduzione di spesa, rientro di bilancio, licenziamenti, queste le parole chiave di un lift motiv a cui televisioni e giornali ci hanno abituato in questi ultimi anni. Lo politica dei tagli non ha salvato nessun settore, nemmeno quelli vitali per la crescita del paese, come ad esempio la ricerca scientifica. I nostri giovani ricercatori sono sotto pagati e di fatto non sono messi nelle condizioni di operare, per molti il sogno è di espatriare, l'aspirazione è l'America. Per un giovane ricercatore italiano non è solo il richiamo dell'avventura, è un progetto per puntare a crescere professionalmente grazie all'eccellenza dei laboratori d'oltreoceano. Ma una volta messo piede al di là dell'Atlantico le domande e le problematiche pratiche sono tante. Per i giovani ricercatori che vogliono avviare la loro carriera americana, lo scorso 5 novembre è stato lanciato ufficialmente "Young ISSNAF", il network per gli under 40 della Fondazione ISSNAF, associazione di ricercatori e accademici italiani in Nord America.
È questa la faccia della nuova diaspora di talenti negli States: sempre più giovani, sempre più motivati a farcela e sempre più intenzionati a portare alto il nome dell'Italia senza precludersi, in futuro, una possibilità di rientro. La dottoressa Chiara Gabbi, reggiana di 34 anni, da cinque ricercatrice nel campo delle malattie metaboliche del fegato, è uno di questi talenti. Nonostante una dura vita di sacrifici, divisa tra il Karolinska Institutet di Stoccolma e il nuovo centro di ricerca che l'ha reclutata in Texas, Gabbi è stata in prima fila per far nascere il network: «In questi miei cinque anni all'estero - racconta ad AdnKronos - ho incontrato tantissimi giovani italiani di spessore, con grande energia e voglia di fare che, come me, condividono il sogno di far progredire la ricerca e vivono una speranza, benché lontani dal loro Paese e dagli affetti». L'idea di una rete «under 40» è nata quasi per caso, in quegli ambienti accademici di Houston dove spesso si sente parlare italiano nei corridoi, e si scopre così che dietro a tanti progetti di ricerca - a Houston come a Boston, a San Francisco come a Washington - ci sono le «teste» degli italiani.
Non è casuale, tuttavia, la scelta di Houston come trampolino di lancio dell'iniziativa. La ricerca italiana nella capitale del Texas, Stato certamente più conosciuto per il suo petrolio, è uno dei «segreti» meglio custoditi degli Usa: è qui che sorgono alcuni dei più prestigiosi poli di ricerca del mondo in campo medico, energetico e spaziale. È qui che il prossimo 3 dicembre si riunirà la Conferenza dei Ricercatori Italiani nel Mondo, un'iniziativa del Comites (Comitato Italiani all'Estero) con il patrocinio del Consolato italiano di Houston, giunta alla sua sesta edizione. Ed è sempre in questa città che si è imposta nel tempo una nutrita ed affermata comunità scientifica italiana. «Da espatriati - spiega la dott.ssa Gabbi - nasce il bisogno di restare collegati, cosa che negli Usa ancora non accadeva fra i più giovani, e si avverte anche il dovere morale di mettere le nostre conoscenze a servizio della ricerca e della medicina nel nostro Paese d'origine». Come? Young Issnaf è, in realtà, un «network nel network»: una costola della rete dei ricercatori e degli accademici italiani in America, la Issnaf, nata nel 2008 su iniziativa di 37 studiosi italiani di fama mondiale, fra cui dei premi Nobel quali il fisico Renato Dulbecco, il genetista Mario Capecchi e l'astrofisico Riccardo Giacconi. Oggi Issnaf è una fondazione solida e strutturata che conta più di un migliaio di membri le cui competenze spaziano in tutti i settori della ricerca scientifica e tecnologica. Sarà quindi Issnaf, la rete «senior», nella persona del suo presidente, il Prof. Vito Campese, affiancato dal Console italiano a Houston, Fabrizio Nava, a tenere a battesimo la neonata Young-Issnaf .
Ai giovani membri che ne faranno parte la nuova rete Young darà l'opportunità di essere supportati soprattutto il Mentorship Program: un autorevole programma di tutoraggio condotto dai più conosciuti ricercatori italiani dell'Issnaf e finalizzato a guidare le giovani leve nelle loro scelte professionali. «Uno degli obiettivi della nostra Fondazione - sottolinea il Presidente di Issnaf , Vito Campese - è appoggiare i nostri membri nella loro crescita professionale. Farlo con i più giovani rappresenta una sfida ancora più ambiziosa ed entusiasmante». Il mentorship Program, patrocinato dal prof. Mauro Ferrari - pioniere nel campo della nanobiotecnologia e direttore del Methodist Research Institute di Houston - permetterà ad affermati professionisti italiani, espatriati da tempo negli Usa, di mettere le loro conoscenze e la loro esperienza al servizio dei giovani ricercatori per aiutarli nella costruzione di una solida carriera, non solo in Nord America. «Trasferendosi negli Usa - spiega infatti il Console a Houston Fabrizio Nava - questi ragazzi entreranno in contatto con un network capace di fornire loro prospettive molto più ampie che, certamente, non precludono la possibilità di un ritorno in patria, con la quale peraltro quasi tutti i nostri ricercatori mantengono contatti, anche professionali». Il network, precisa quindi la sua promotrice, «offrirà vari livelli di servizi e di interazioni, a seconda delle necessità dell'utente: dallo studente italiano negli Usa a chi ha appena intrapreso una carriera universitaria» A Houston, di fronte a una qualificata platea di addetti ai lavori, sarà intanto presentata la piattaforma del network: un sito web e le sue diverse sezioni. Quella «Help me Ìm lost» fornirà informazioni pratiche ai nuovi arrivati. Le sezioni tutoriali daranno utili indicazioni su come accedere ai vari finanziamenti per la ricerca. L'anima del network si trova invece nelle sezioni «Forum» e «Find research collaborators», dove sarà possibile dialogare e conoscere altri ricercatori di origine italiana negli Usa al fine di avviare collaborazioni scientifiche ed eventualmente accedere ai finanziamenti per le ricerche multicentriche. Secondo il Console Nava, «per un giovane ricercatore alle prime armi che si trasferisce all'estero è importantissimo poter contare sul sostegno di una rete di colleghi ed amici, nonchè accedere ad un mentorship di eccezione come questo». «Che ciò avvenga in un contesto di dialogo e collaborazione con le Istituzioni italiane e gli altri organismi che riuniscono gli italiani all'estero - conclude - è un punto di forza che permetterà all'associazione di crescere e consolidarsi rapidamente». Il prossimo passo del network sarà infatti «strutturarsi», conferma Chiara Gabbi. Un obiettivo, a sua detta, a portata di mano visto «la risposta straordinariamente positiva che i giovani ricecartori italiani, da tutti gli States, hanno dato all'iniziativa». All'anuncio di una piattaforma in costruzione, Gabbi è stata subito contattata da decine di colleghi che si sono offerti di lavorare come volontari al progetto. Da giugno ad oggi le iscrizioni alla rete Issnaf sono aumentate del 30%, e in tutti i casi si tratta di «under 40». «In pochi mesi - precisa la ricercatrice - le adesioni sono state un centinaio. Un risultato assolutamente inaspettato».
Sulla scia del successo iniziale, anche il team al lavoro per lanciare la rete si è ingrossato: con Chiara Gabbi, oltre ai numerosi volontari, figurano una communication manager proveniente dalla ricerca farmacologica e dal giornalismo scientifico, Chiara Finotti, e un'altra coordinatrice originaria di Messina e volata anni fa in Florida, l'internista Stefania Mondello. Ma come si entra nella rete dei giovani cervelloni? I membri a pieno titolo di Young-Issnaf devono essere italiani, laureati, avere meno di 40 anni ed essere affiliati ad un'università americana da almeno un anno. La rete tuttavia sarà aperta anche al mondo degli studenti italiani, che negli Usa hanno trascorso solo un periodo e, soprattutto, a quei ricercatori italiani che hanno deciso di tornare a casa. «Stiamo lavorando a varie idee su questo fronte - annuncia infatti Gabbi - dalla possibilità di avviare collaborazioni scientifiche con i colleghi italiani all'istituzione di borse di studio per »felloships« negli Usa». «Ricerca significa anche mobilità, apertura sul mondo e scambio e, in questo senso - prosegue la ricercatrice - il Ministero della Salute sta facendo un lavoro davvero prezioso per facilitare l'interazione tra Italia e Stati Uniti» Ma così l'Italia non rischia di continuare a «perdere teste»? «Una polemica sterile», taglia corto Gabbi, perchè «in questo momento di grande fragilità del nostro Paese bisognerebbe piuttosto iniziare a lavorare perchè l'Italia in futuro diventi un paese di immigrazione scientifica, capace di attrarre professionisti da tutto il mondo». (Fonte: Adnkronos)
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